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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?


(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)





L'abitato sorge a circa 423 m s.l.m., sulle pendici del colle Milocca, tra i centri di Pollina a nord, San Mauro ad est, Geraci Siculo a sud-est, il massiccio delle Madonie a sud ed Isnello e Gibilmanna ad ovest.
Le prime tracce di stanziamento si riferiscono all'epoca neolitica (utensili di uso domestico ed armi di pietra levigata), e sono probabilmente attribuibili a popolazioni di stirpe sicana, cacciate dalla costa per l’incalzare di altri popoli, tra i quali i Siculi.
All'epoca della colonizzazione greca risale la figura poetica del pastore Dafni, nato sulle Madonie fra le delizie del Ninpharum Locus, nel boschetto di Lauro irrorato dalle fresche acque sorgive. Etimologicamente a Lauro si fa corrispondere Dafni. Inoltre reperti archeologici (soprattutto materiale fittile nelle tombe) della civiltà greco-romana sono stati rinvenuti nella necropoli di Bergi.
All'epoca della dominazione bizantina, e successivamente arabo-normanna, in Sicilia è documentato il "casale d’Ypsigro", citato come “zona fresca in media altitudine”. Documentano inoltre tali dominazioni i vari ruderi di fabbricati in contrada San Guglielmo (forse il castello del Kadì,) le tracce di necropoli, la tradizione che la Vecchia Matrice fosse originariamente una moschea, e infine l’abside della chiesa di Santa Venera e il portale dell’ex-abbazia di Sant’Anastasia.
Poiché il casale Ypsigro era giuridicamente incluso nella contea di Geraci, possedimento dei signori Ventimiglia, ne seguì le sorti durante il periodo svevo-angioino. L'abitato sorto presso il casale, nel 1282 contava circa trecento abitanti e agli inizi del XIV secolo possedeva già tre chiese e costituiva un centro di una certa importanza.
La famiglia Ventimiglia, da cui vennero importanti guerrieri e diplomatici e il cui dominio si estendeva su vari paesi delle Madonie, imparentata con l’imperatore Federico II, proveniva dalla Contea di Ventimiglia in Liguria, e arrivò in Sicilia nel 1242.
Nel 1316 i signori di Ventimiglia fecero costruire un castello che dominava l'abitato riutilizzando una struttura precedente, secondo il modello del maschio (torrione centrale) cui si affianca la residenza del signore. Da un’epigrafe tuttora murata sotto l’arco d’ingresso al piazzale del castello, si apprende che il castello sorse per opera di Francesco Ventimiglia in funzione di "belvedere" dell’antico casale bizantino. Sembra che lo stesso conte, innamorato della mitezza del clima in confronto del rigido clima del castello di Geraci, chiamasse il nuovo castello “Castellum Bonum”, ovvero “Castrum Bonum”. L'abitato di Ypsigro nel periodo aragonese è in decadenza e cede il posto nella toponomastica della Sicilia medievale alla nascente Castelbuono. Il castello assisterà a fastosi splendori, ma anche a luttuosi avvenimenti a causa della rivalità tra le famiglie Ventimiglia e Chiaramonte.
Alla morte di Francesco Ventimiglia, avvenuta nel 1338, la contea di Geraci e Castelbuono venne confiscata da Pietro d’Aragona, passando nel dominio regio, fino alla restituzione a Enrico Ventimiglia nel 1394.
Nel 1454, Giovanni I Ventimiglia vi si trasferì con la sua “corte”, e Castelbuono divenne il centro più vivace nel vasto patrimonio della famiglia. Con il trasferimento viene spostata anche la sacra reliquia del teschio di Sant’Anna, dono del Duca di Lorena e trasportata in Sicilia dal conte Guglielmo nel 1242, che era stata fino ad allora venerata nel castello di Geraci.
Nel corso del XV e del XVI secolo, la corte nobiliare, potente e colta, accolse diversi artisti, come Francesco Laurana che lavorerà al mausoleo della famiglia. Al conte Filippo Ventimiglia si deve l’ampliamento della Chiesa Madre, con la costruzione di una quarta navata. Fuori e dentro le mura nascono chiese e conventi con l’intervento di maestri lombardi e toscani che cureranno anche l’espansione urbanistica di un abitato che, da città feudale, tenderà ad assumere le caratteristiche di città capitale. Nel 1520 Simone Ventimiglia donò alla Chiesa Madre lo spettacolare polittico, raffigurante il Poema della Redenzione.
Nel 1595 Giovanni III Ventimiglia ottenne il titolo di principe di Castelbuono, e il paese divenne contemporaneamente “capitale dello Stato di Geraci”. Il principe organizzò il plotone d’onore dei "Cavalieri della Stella", giovani che si addestravano nell’esercizio delle armi e dell’equitazione. Il campo d’addestramento, recinto da mura, corrispondeva alla spianata orientale del castello, chiamato poi il Piano del Marchese. Notevole fu lo sviluppo religioso, culturale ed artistico grazie a questo personaggio, il quale chiamò a Castelbuono i padri Cappuccini e i padri Domenicani (ai quali venne affidata l'istruzione pubblica) per cui furono eretti i conventi con le chiese annesse. Egli iniziò anche la costruzione della Matrice Nuova nel 1602 e nel 1614 fece trasportare la fontana di Venere Ciprea nel corso principale.
Nel 1632 “la terra “ ottenne lo status di “città”. In quest'epoca possedeva i tratti d’una città giardino realizzata secondo modelli probabilmente ispirati a Francesco Maurolico. Nella nuova trama urbana, per tutta la seconda metà del secolo, s’incastrarono chiese, conventi e fontane, mentre la Nuova Matrice si aprirà al culto nel 1701. Particolarmente vivace fu la vita culturale: i Serpotta lavorarono alla cappella di Sant’Anna, il castello viene ristrutturato e i Ventimiglia dotarono la città di un teatro. Molto attive furono alcune accademie letterarie e Torquato Tasso fu per un periodo tra gli artisti di corte. Negli ultimi decenni del Settecento la città era divenuta centro d’attrazione per le famiglie nobili delle Madonie, mentre la popolazione subiva il gravoso dispotismo del principe.
Nel 1812, infine, la costituzione siciliana abolisce i privilegi feudali; ma pur scomparendo la grande nobiltà, Castelbuono scoprì la presenza attiva di famiglie che ne tennero alto il prestigio con eminenti figure quali Francesco Minà Palumbo. Tra il 1828 e il 1820, diverse scosse sismiche danneggiarono il castello, e la Matrice Nuova perse i campanili e la cupola. Nel castello fu demolito l’ultimo piano e, ingrandita la Cappella, si crearono l’ingresso attuale e la sacrestia.
La città partecipò alle rivolte contro i Borboni nel 1848 e nel 1860, ricevendo encomi da Giuseppe Garibaldi. Aderì alla rivolta sociale dei Fasci Siciliani nel 1893, e subì lo stato d’assedio.
Sette sono i quartieri storici di Castelbuono, i loro nomi derivano ovviamente dalle peculiarità della zona. Sant'Anna Fera Cirasi Terravecchia Vallone Sant'Antonino Manca.



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