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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?


(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)





Alle prime falde delle Madonie, fra le quali troneggia il massiccio di Pizzo di Pilo, a 657 metri sul livello del mare, Gratteri sovrasta panoramicamente la costa tirrenica dall'alto della regione geografica montana posta a sud-ovest di Cefalù. Il suo territorio comunale, compreso nell'area settentrionale del parco delle Madonie, confina con quello dei comuni di Cefalù (nord e nord-ovest), Lascari (nord-ovest), Collesano (ovest e sud-ovest) e Isnello (est e sud-est). Il centro urbano, che allo stato conta mille anime circa, disposto ad anfiteatro, si affaccia sul lato nord del territorio e gode di un meraviglioso panorama che va dal golfo di Cefalù al golfo di Palermo.
Diverse ipotesi sono state avanzate sull'origine del toponimo: secondo Maurolico "la città di Gratteri, vicina a Cefalù, prese il nome dal monte chiamato Cratos". Cratos o Craton sarebbe dunque il toponimo attribuito ai locali rilievi montuosi ( riferito al nome originario di Pizzo di Pilo). In alternativa il nome potrebbe derivare dal greco kratèr che significa conca, bacino o da Crati, il torrente che scendendo da Pizzo Dipilo attraversa l'abitato
Le prime tracce di frequentazione nel territorio risalgono probabilmente alla tarda età del bronzo o all'inizio dell'età del ferro, testimoniata dal ritrovamento di un "ripostiglio" con otto asce piatte a margini più o meno rilevati; due asce ad occhio con penna incurvata; e un grosso anello, attualmente custoditi nel Museo di Palermo. Il ritrovamento potrebbe indicare l'esistenza di un emporio per gli scambi commerciali fra gli insediamenti montani e i territori confinanti.
Filisto (IV secolo AC), menziona un centro di "Craterius oppidum Siciliane", che potrebbe essere identificato nel territorio di Gratteri. Per quanto riguarda il periodo compreso tra il I secolo DC e l'invasione musulmana, l'unico indizio è rappresentato dal ritrovamento di una moneta romana del II secolo in contrada Suro.
Le prime notizie sul nucleo abitato, risalgono al periodo della dominazione araba (X-XII secolo. è probabile che un primo insediamento si sia sviluppato tra l'835 e l'838 in seguito alla costruzione di un presidio musulmano che successivamente si sviluppò in funzione del controllo del territorio. Di origine araba sono diversi toponimi di località del territorio e sono inoltre presenti alcune costruzioni dall'impianto tipicamente arabo.
Nel 1059 giunsero con Roberto il Guiscardo i Normanni e il conte Ruggero d'Altavilla diede un nuovo assetto economico, sociale, giuridico e amministrativo alla Sicilia, che in questo periodo era caratterizzata dalla presenza di etnie diverse, facendo ricorso agli ordini monastici. A quest'epoca risale la nascita delle abbazie di Sant'Anastasia e di San Giorgio e la costruzione delle chiese di Sant'Elia, San Nicolò e Sant'Icono. Insieme a numerosi borghi e città della Val Demone, Gratteri, fu assoggettata prima al vescovado di Troina, poi alla diocesi di Messina.
Il primo signore di Gratteri fu un certo Guglielmo, del quale si ha memoria in un diploma della contessa Adelasia del 1112; nel 1148 gli successe Gamelino de Gastenel. Successivamente il feudo passò ai signori di Monforte fino al 1250, anno in cui le terre di Gratteri e Isnello vennero assegnate per disposizione testamentaria di Manfredi, figlio di Federico II, alla chiesa metropolita di Palermo.
Nel giugno del 1263, Manfredi assegnava le terre di Gratteri e di Isnello ad Enrico Ventimiglia; successivamente, la famiglia Ventimiglia entrò in contrasto con il vescovo di Cefalù per il possesso del caricatoio di Roccella, a causa della sua importanza strategica ed economica. Dopo varie vicissitudini, confiscata da Carlo d'Angiò, Gratteri durante la guerra tra Aragonesi ed Angioini (la guerra dei Vespri ) venne concessa ad un suo fido, Guglielmo di Mosterio.
Durante il periodo aragonese Gratteri ha assistito alle guerre tra le truppe del re Pietro II - che nel 1338 la concedeva insieme a Brucato e Collesano alla regia Curia - e l'esercito siciliano, guidato dai Ventimiglia. Questi ultimi, che in questa circostanza ottennero l'appoggio degli abitanti di Gratteri, si ripresero la baronia il 14 maggio 1338. Dal XV secolo in poi, a partire dal regno di Alfonso d'Aragona, in un mutato panorama socio-economico e politico, inizia la baronia di Gratteri dei Ventimiglia, che caratterizzerà per circa sei secoli la vita della comunità in tutti i suoi aspetti.
Nel 1832, anno in cui morì Giuseppe Ventimiglia, il possesso della baronia di Gratteri, per matrimonio, passò prima alla famiglia Monroy e in seguito a Carlo Stagno d’Alcontres, i cui discendenti vendettero i possedimenti a privati.
Secondo una descrizione di Benedetto Passafiume del 1645, la città era in quest'epoca suddivisa in un nucleo più antico, con un castello e circondato da mura accessibili da tre porte, che corrisponde al centro medioevale, e un nucleo più recente, che corrisponde alla successiva espansione avvenuta a partire dal XV secolo.
Il centro medioevale si articolava intorno allo scomparso castello con un tracciato viario piuttosto irregolare, in parte tuttora conservato. Dal castello, edificato sulla rocca di San Vito, era possibile controllare il territorio sottostante, fino alla costa. La cinta muraria è ugualmente scomparsa, ma è possibile ricostruirne il tracciato orientale sul margine del torrente: le tre porte corrisponderebbero ai tre ponti per mezzo dei quali si accedeva al paese (ponte vecchio o "sottano", oggi ponte Silvio, ponte di Fantina o "di mezzo" e il ponte nuovo o "soprano") costruiti in momenti diversi nel corso dell'espansione dell'abitato medievale.
La principale via di accesso al paese era rappresentato da quella proveniente dalla contea di Collesano, con l'ultima parte del percorso scavata nella roccia del pendio occidentale della rocca, e diretta verso Gibilmanna e Cefalù. L'asse urbano principale era costituito dalla "Via della Santa" (attualmente Via Carlo Alberto), tra il castello e la chiesa di San Nicolò. Da questa strada si diramavano delle vie secondarie spesso gradinate, che confluiscono ancora oggi in slarghi irregolari e vicoli ciechi. Dai "riveli" (schedario parrocchiale) del XVI secolo si possono anche ricavare i nomi dei quartieri medioevali ("di la scala", "di San Vito", "di lo castello", "di la petra", "di la Santa", "di la terra vecchia", "di la bucciria vecchia", "di San Nicolò" e "di la porta 'ranni")
Nella seconda metà del XIII secolo sembra aver luogo lo sviluppo della zona presso la chiesa di San Leonardo. Furono edificate nuove chiese (San Filippo nel quartiere "di la petra", San Giuseppe nell'area del castello e Santa Eufemia, oggi nel territorio di Lascari, la chiesetta di San Biagioal confine con il territorio di Cefalù e la chiesetta rurale di San Teodoro, nell'omonima contrada).
La chiesa di San Michele Arcangelo o "maggiore ecclesia", costruita nell'area del castello verso la metà del XIV secolo, divenne il nuovo centro del paese. Nella seconda metà del XV secolo, la costruzione della chiesa di San Sebastiano diede origine ad una nuova espansione dell'abitato a sud-est del castello. Nacquero i quartieri "di lu sciumi", "di Fantina", e "di San Sebastiano", collegati al nucleo medievale attraverso i tre ponti. Alla fine del secolo sono probabilmente attribuibili la piccola chiesa del Crocifisso e quella di Santa Caterina, entrambe nel quartiere della "Scala".
A partire dal XVI secolo, l'arrivo dei frati minori conventuali, con la costruzione del convento (1500) adiacente alla chiesa di Santa Maria di Gesù, portarono ad una nuova espansione dell'abitato verso nord-est, in quella "parte nuova" di cui parla nella sua descrizione il Passafiume.



ECONOMIA

Fra le produzioni agricole prevalgono quella dei cereali, delle olive, delle castagne e delle mandorle. Rilevanti i lavori artigianali e all'uncinetto che vengono esposti nella mostra dell'uncinetto nel mese di agosto.


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