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:: Basicò » La storia

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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?


(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)





Basicò è un tranquillo borgo medioevale a 550 metri s.l.m sui Monti Nebrodi, con una splendida vista sul mare, e tutt'attorno una viva memoria storica, tramandata per secoli dal Medioevo al Settecento, all'antichità preellenica. Un paese in cui il tempo acquista una dimensione particolare, rimasto impresso nell'andamento tortuoso dei vicoli, sotto la scorza ruvida dei conci medievali, sotto le robuste fondamenta delle residenza aristocratiche, delle piazzette, dei quartieri che portano nomi francesi come ai tempi degli Angiò.
Basicò sovrasta il Mar Tirreno al centro del Golfo di Patti, fra Capo Tindari e Capo Milazzo. Famoso soprattutto per l'ottima provola.
Non si hanno molte notizie sulla storia di Basicò. Secondo alcuni storici l'origine di Basicò (etimologicamente rimanda al greco Basilikòn, tempio o cappella regale), risalirebbe al 1150 a causa della presenza di una comunità basiliana e ad un monastero,
La seconda ipotesi , più convincente, fa risalire la formazione del borgo, con un lento processo di sviluppo tipico degli agglomerati rustici, dai preesistenti casali sparsi sul territorio e collegherebbe la comunità di Basicò alla mitica Abacena, roccaforte siciliana fondata intorno al 1100 a. C. Questa seconda ipotesi potrebbe essere accreditata da alcuni recenti ritrovamenti che lasciano seriamente pensare che Basicò potesse effettivamente essere una frazione dell'antica e fiorente Abacena, legata nelle sue vicende a nomi come quello del mitico re Ducezio e ancora dei tiranni siracusani Dionigi e Gerone II.
Della leggendaria roccaforte sicula, che si pensa dovette essere fondata intorno al 1100 a.C. su delle alture strategiche, almeno stando alla derivazione del nome del punico Abac, ossia elevare, sappiamo molto poco se non il groviglio di alleanze, battaglie, vittorie e sconfitte tra cui l'ultima e definitiva, ad opera di Cesare Ottaviano verso il 36 a.C..
Ciò che gli storici antichi tramandano è solo l'area entro cui ne erano compresi i confini, ma in quale sito esattamente siono sepolte le vestigia di Abacena ancora ci è ignoto.
In molti, a partire da Fazello, si sono detti concordi nell'attestare Abacena sotto le mura del castello di Tripi. Ma la soluzione proposta forse è solo una mezza verità. Infatti, le evidenze archeologiche rinvenute hanno confermato che sono troppe e troppo evidenti le analogie fra gli attuali territori di Novara di Sicilia, Tripi, Furnari, Montalbano Elicona e Basicò, perchè ciò non dimostri una matrice comune. Ossia l'eguale derivazione dalla civiltà abacenina.
Ciò ci porta a considerare considerare Abacena non tanto come un'unica città strettamente circoscritta, ma piuttosto come un territorio con un sistema organico di piccoli agglomerati urbani ravvicinati, sul modello delle più antiche e celebri città greche organizzate in " demi ", o di quelle latine.
Una terza ipotesi sulla nascita di Basicò colloca la sua origine nel 1310 ad opera di Federico II d'Aragona che la fondò attorno all'abbazia e appartenne a questa famiglia feudale per un lungo periodo.

Il paese venne fondato in un'area archeologicamente rilevante: sul sito del Monte Pito sono stati rinvenuti reperti risalenti al medio e tardo neolitico ( fine del IV e la metà del III millennio), tra i quali alcuni oggetti in pietra levigata e in ceramica, contrappesi di telaio in argilla, alcuni dei quali sommariamente decorati a incisione.
I reperti testimoniano il contatto con le coeve culture oliane, mentre il fatto che si sia trovato molto materiale di risulta e pochi utensili ha fatto pensare ad una frequentazione solo stagionale.

Maldestri scopritori occasionali e tombaroli senza scrupoli hanno invece distrutto per sempre vari resti di tombe a incinerazione, rinvenute a Quattrofinaite e Badiazza, sempre nel territorio basicotano, mentre in contrada Fontana Fondaco esistono tracce murarie di un insediamento di età romano-bizantina.
Tutti concordano nel considerare questi ritrovamenti le tracce più superficiali di alcune stazioni molto antiche.
Undicimila primavere conta, per esempio, l'ignoto scheletro femminile, battezzato col nome di Thea e rinvenuto nella grotta di S. Teodoro, ad Acquedolci, sulla costa tirrenica.
Nella seconda metà dell'anno mille dalle alture dei Nebrodi si assistette ai primi sbarchi dei Normanni, approdati sulla costa tra Capo Tindari e Capo Milazzo. Le traccie lasciate nel comprensorio dal predominio degli Altavilla non si contano, e ciò giustifica il fatto che il Demone sia stato giustamente definito come il piu' normanno dei tre Valli siciliani.

L'interno e la fascia litoranea vengono collegati da una costellazione di torri e fortezze che presidiano le alture, mentre qua e là spuntano nuovi monasteri, poli produttivi di spicco nella scarsa economia medievale, controllati dalle nuove famiglie emergenti.
In questo scenario sorge a Basicò per volere reale, un convento di Clarisse, Santa Mara di Basicò, retto da nobilissime dame fra le quali anche alcune parenti di Federico II.
La sconfitta degli Svevi, l'avvento degli Angioini e la lotta con gli Aragonesi segnano il tramonto del casale Basicò e del suo convento, che subisce il saccheggio.
Le monache scampate all'attacco riparano a Rometta e poi a Messina ( i cui monasteri conservano il nome di Basicò ). Ribattezzato intorno alla fine del 1200 "casale Novum", Casalnuovo, entra in una lunghissima stagione feudale che vedrà il dominio delle famiglie dei Lancia ( 1350-1352 ), dei Ma rullo ( 1539-1541 ), ancora dei Lancia con i Saccano ( 1554-1647 ), dei Naselli ( 1648-1773), e dei De Maria ( dal 1776 ), ultimi baroni che persero i diritti feudali nel 1812 con l'abolizione delle baronie in Sicilia.
Bisognerà attendere il 1860 perchè il vetusto feudo diventi Comune d'Italia.
I tempi sono maturi per il ritorno alle origini, all'antico a mai dimenticato nome di Basicò.
Nel 1862, assunse nuovamente l'originario nome di Basicò riferendosi all'abbazia presente nel suo territorio, di cui adesso sono visibili solo i resti. 



ECONOMIA

La provola a Basicò è il prodotto tipico in assoluto. Non è l'unico centro dei Nebrodi che la produce, ma sicuramente tra i più importanti. Racchiude in se tutta l'ospitalità e la genuinità dei sapori basiliani. La provola è un formaggio a pasta filata famosa per la forma a pera e la testa a palla e per la sua stagionatura. Buonissima la provola con il limone. In pratica viene fatta sagionare con un limone verdello al suo interno che conferisce al prodotto gli aromi dell'agrume.

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