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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?


(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)





Secondo tradizione Acireale e le altre Aci trassero la propria origine da Xiphonia, misteriosa città greca oggi del tutto scomparsa. I poeti Virgilio e Ovidio fanno risalire il mito della fondazione alla storia d'amore tra una ninfa chiamata Galatea ed un pastorello chiamato Akis (in latino Aci), ucciso per gelosia dal ciclope Polifemo e trasformato poi in fiume dal Dio del mare Poseidone. Scomparsa Xiphonia, Sulle rive del fiume Akis, oggi scomparso, verso la fine del VIII secolo a.C., coloni greci Centro importante dopo l'occupazione romana, ebbe un ruolo rilevante durante la prima guerra punica (III secolo a.C.), e alla fine del II secolo a.C. vi si concluse la guerra servile (101 a.C.). vi fondarono una città dal nome Akis, della quale non è mai stata identificata l'esatta ubicazione. Centro importante dopo l'occupazione romana, ebbe un ruolo rilevante durante la prima guerra punica (III secolo a.C.), e alla fine del II secolo a.C. vi si concluse la guerra servile (101 a.C.).
Prese allora il nome di Aquilia in onore del console romano Aquilio Manio Nepote, amico di Mario, vincitore sugli schiavi ribelli siciliani. Sotto i bizantini Aci, a difesa delle frequenti incursioni saracene, fu munita di un forte castello, che verso la fine del IX secolo servì da rifugio agli abitanti, durante l'ultima fase dell'invasione araba della Sicilia. Nel XII secolo fu interamente distrutta (in parte dal terremoto del 1169 e in parte dall'eruzione dell'Etna). Gli acesi si dispersero nei dintorni e fondarono numerose borgate, alcune delle quali furono battezzate Aci, mentre non lontano dalla città distrutta un nucleo più nutrito di profughi fondò Aquilia Nuova, distante circa 3 km dall'attuale città (in direzione sud), che ebbe subito un rapido sviluppo.
Ma nel 1326 una violenta incursione della flotta del re di Napoli ed un incendio di vaste proporzioni, da parte dell'angioino Beltrando Del Balzo per vendicarsi delle offese degli Acesi che si beffavano di lui, spinsero gli abitanti a rifugiarsi sull'altopiano dove sorge l'odierna città.
L'azione della flotta angioina in verità fu rivolta contro il castello di Aci che costituisce il punto di riferimento per tutta la storia medioevale acese. Che poi a seguito di quella incursione e della eruzione del 1329 gli abitanti di Aquilia vetere decidessero di spostarsi più a monte ponendo così le premesse al sorgere di Aquilia nuova è possibile.
Agli inizi del 1400 essa non era altro che un agglomerato di poche case, ma già sul finire del secolo tendeva ad acquistare fisionomia di città, divenendo nel corso del '500 il centro piu' importante di tutto il territorio acese. La crescita demografica, economica, politica di Aquilia nuov, realizzata con un disegno più ampio ed arricchita di edifici pubblici e religiosi nei secoli successivi per tutto il '500 non conobbe soste, malgrado il frequente verificarsi di carestie e della peste.
La trasformazione di una modesta contrada in una città pulsante di vita si evince dagli elementi più disparati: dal privilegio del mero e misto impero (potestà di amministrare la giustizia) alla formazione dell'archivio comunale, dalla costituzione di milizie territoriali alla nascita delle prime scuole pagate con pubblico denaro, dall'istituzione di un ospedale e del monte di pietà alla costruzione di numerose chiese e conventi, dall'ampliamento della piazza maggiore alla deliberazione per l'ultima fabbrica della chiesa dell'Annunziata (oggi Duomo).
Quando nel 1528 l'imperatore Carlo V a corto di denari vendette anche il diritto di ricompra della terra di Aci alla famiglia dei Mastrantonio, che l'aveva acquistata nel 1466, Aquilia, che fra i casali acesi pignorati era quello in fase emergente, si adoperò fermamente per il proprio riscatto, riuscendo nel 1531 con cospicui donativi ad emanciparsi dal dominio baronale e a ritornare in grembo al regio demanio. Nel '300 e '400 l'intero territorio di Aci, che aveva nel castello il suo centro di prestigio, era stato più volte venduto a baroni e banchieri e tale alienazione aveva comportato la perdita di privilegi legati alla demanialità ed il pagamento di esosi tributi.
Nel 1553 nuovamente Aquilia ed il restante Aci, o meglio l'Università di Aci, come si chiamava allora, corse il pericolo di essere rivenduta e soltanto un donativo di 100 onze da ricavarsi da una nuova gabella del vino e dei mosti, la fece scampare al pericolo di ricadere sotto il dominio baronale.
Nel 1558 la chiesa dell'Annunziata era elevata a sacramentale (parrocchia), finendo cosi' di dipendere dalla chiesa di Aci San Filippo: il fatto sanciva l'ascesa di Aquilia anche in campo religioso. La presenza degli Spagnoli non mancava talora di creare gravi momenti di attrito: nel 1577 un tumulto spontaneo e sanguinoso contro talune imposizioni delle milizie spagnole costava alla città 17 impiccagioni e 15000 scudi per ottenere l'amnistia. La città in quel periodo oscillava tra i sei ed i settemila abitanti. Malgrado la sconfitta di Lepanto le scorrerie dei Turchi lungo il litorale continuarono ad essere frequenti: il che rese necessario agli inizi del Seicento due importanti opere di fortificazione: la prima a Capo Mulini è la torre quadrata di Sant'Anna (dal 1868 adibita a faro) in prossimità di altra piccola torre circolare della famiglia Alessandrano; la seconda sulla Timpa di Santa Maria La Scala è la "Fortezza seu Bastione" del Tocco, edificato su disegno dell'ing. fiorentino Camillo Camilliani (al suo consolidamento partecipo' l'ing. acese Vincenzo Geremia cui si deve nel 1674 un cannoncino portatile in fili di ferro e canapa, oggi alla pinacoteca Zelantea).
Lo Stemma Comunale di Acireale.
Lo stemma Comunale di Acireale Sempre nella prima metà del Seicento diventò definitiva l'iconografia del sigillo cittadino che passerà poi nello stemma. Esso presenta a destra il castello merlato con in cima un leone coronato rampante che tiene una bandiera, a sinistra i tre faraglioni uscenti dal mare con in alto le lettere A.G. a ricordo del mito di Aci e Galatea. Nei sigilli compare anche la dicitura: "Acis civitas amplissima et fida regibus". Il senso dell'antica unità e la concordia di intenti dimostrati nella ferma decisione di restare terra demaniale lungo il corso degli anni si erano venuti logorando. Tra la città di Aci Aquilia ed i restanti "casali" sorgevano di continuo contrasti: non ultimo quello a seguito del trasferimento nel centro di Aquilia della Fiera Franca (1616) che dal 1422, per concessione di Re Alfonso, si era tenuta in contrada Reitana. Contrasti e gelosie, che, acuiti, dovevano portare ad una prima separazione nel 1628. Dopo una momentanea e quanto mai precaria pacificazione, nel 1640 si giungeva alla separazione definitiva. I casali di S. Antonio e S. Filippo erano eretti in città, costituendo quella che polemicamente avrebbe voluto chiamarsi la Urbs Acis Superioris; ma, mentre appena qualche anno dopo tale Urbs diveniva terra baronale, Aci Aquilia restava demaniale; in pari tempo tendeva a divenire d'uso corrente la denominazione "Reale" con la contemporanea perdita del sostantivo "Aquilia".
Acireale ebbe dunque a chiamarsi così soltanto , nel 1642, allorchè con l'attributo "reale" dato al sostantivo "Aci" per decreto del Re di Spagna Filippo IV, si volle orgogliosamente sottolineare nei confronti di tutte le altre Aci baronali, la diretta soggezione al regio demanio, affrancandola da ogni vincolo o ipoteca feudale.
Il che non significò che periodicamente da parte della corte non si riaffacciasse la tentazione di alienare la città. Ma gli Acesi seppero sempre stornare da sè quel pericolo, come quando, venutosi a sapere che la città era stata data in feudo al banchiere genovese Agostino Ayroli, mandarono due ambasciatori fino a Madrid per difendere la causa dell'autonomia. Ancora una volta fu una difesa vittoriosa e la vendita feudale venne dichiarata nulla. Il passaggio dinanzi alla marina di Acireale, nel 1657, della flotta di Martino De Redin, Gran Maestro dell'Ordine Gerosolimitano, già valido difensore degli Acesi, veniva festeggiato con spari dalla fortezza del Tocco, cui rispondevano in segno di saluto le artiglierie delle navi (l'avvenimento sarebbe stato immortalato in un quadro, oggi alla Pinacoteca Zelantea, che offre uno splendido scenario di Acireale).

Il Passaggio della flotta di don Martino De Redin, Gran Maestro dell'Ordine Gerosolimitano al largo della città (G.Platania, 1657, Pinacoteca Zelantea) Il Passaggio della flotta di don Martino De Redin, Gran Maestro dell'Ordine Gerosolimitano al largo della città (G.Platania, 1657, Pinacoteca Zelantea)
Tre anni dopo veniva avviata la costruzione della Corte Giuratoria (Palazzo di Città).
Nel 1669, allorchè l'eruzione lavica dell'Etna fece sentire la sua azione devastatrice su Catania, assai numerosi profughi catanesi trovarono soccorso nella pronta ospitalità della città (Catania contava in quel periodo sui 16000 abitanti; Aci Aquilia circa 11000). Il 3 ottobre 1671 il vescovo catanese Michelangelo Bonadies fondava l'Accademia degli Zelanti, destinata ad essere il sodalizio vessillifero della cultura acese. Ribellatasi Messina agli Spagnoli e chiesto l'intervento dei Francesi, nel 1677 in uno scontro presso le alture della vicina S. Leonardello gli Acesi battevano alcuni reparti dei Francesi e successivamente ne respingevano un attacco della flotta.
Durante il Seicento veniva precisandosi l'assetto urbanistico della città: era ribadita la centralità di piazza Duomo che diveniva perno di un sistema viario radiale; erano tagliate importanti vie quali la Galatea, S. Martino, via delle Maestranze (oggi Romeo), nonchè due strette e tortuose vie destinate poi a divenire corso Umberto e corso Savoia; era portata a termine la strada della Scala che metteva in comunicazione la città con il mare sottostante. Quasi sul finire del secolo un tremendo terremoto.
Il terremoto del 1693, che sconvolse la Sicilia orientale, danneggiò gravemente la città, ma non al punto, come invece era accaduto in passato, di dover essere abbandonata dalla popolazione.
Acireale, però, ebbe a soffrire danni rilevantissimi. La corte del capitano di giustizia e la loggia dei giurati furono "fracassate"; tutte le chiese e i monasteri subirono lesioni più o meno gravi. Le vittime furono 739 su una popolazione di quasi 13.000 abitanti. E però le distruzioni dell'11 gennaio 1693 diedero l'avvio ad un'opera di ricostruzione che testimonia della ricchezza e della grande capacità di ripresa della città. Acireale si riprese rapidamente divenendo un importante centro commerciale, si trasformò in un cantiere; sorsero nuovi palazzi e chiese al posto di quelli demoliti; le vecchie strade furono allargate, ne furono tracciate nuove. Il pittore Pietro Paolo Vasta e l'architetto Paolo Amico furono gli interpreti più illustri della ripresa che diede ad Acireale il suo volto settecentesco tardo barocco. Vi nacque il pittore Pietro Paolo Vasta (1697-1760) che tra il 1720 e il 1750 dipinse affreschi tra i più belli mai realizzati in Sicilia.
Il 28 aprile 1714 Vittorio Amedeo II, cui a seguito del trattato di Utrecht era stato assegnato il regno di Sicilia, era il primo re a giungere in visita. Accolto festosamente da tutta la popolazione (si contavano poco piu' di 12.000 abitanti), pernottava nel palazzo Costa Grimaldi di piazza Duomo. Ma l'attaccamento al Savoia non era sentito e nel 1717 la città era pronta ad insorgere, sperando (invano) nel ritorno degli Spagnoli.
Nel 1770 Orlandi nel suo Delle citta' d'Italia e isole adiacenti pubblicava la "pianta scenografica della città di Aci-Reale".
Nel 1778 veniva fondata l'Accademia dei Geniali, successivamente trasformata in Dafnica (1816). Nel corso del '700 ebbe un notevolissimo sviluppo l'industria della seta: tessuti e manifatture acesi godevano di rinomanza in tutto il regno. L'opposizione di Catania all'incremento di tale attività industriale in Acireale era stata tenace, determinando un lungo periodo di dissidio che si sarebbe rinverdito nella prima metà dell'800 in diverse occasioni: la prima, allorchè nel 1813 il Parlamento Siciliano privò Acireale (non più capocomarca malgrado i suoi 18.000 abitanti) della sede giudiziaria, restando la città così soggetta alla magistratura catanese; la seconda, allorchè la strada litoranea per Catania decisa nel 1819 venne deliberatamente ritardata dai Catanesi; la terza, infine, allorchè la richiesta di un porto a Capo Mulini andò delusa a tutto vantaggio del porto di Catania (1835). Durante i moti del 1837 Acireale rimase fedele ai Borboni e Ferdinando II nel '38 la elevava a sede di distretto. Lo stesso anno il re visitando la città (un'altra visita reale si era avuta nel 1806 da parte di Ferdinando IV) accoglieva la domanda di istituzione della diocesi. Il che era un indorare la pillola per la mancata concessione del porto a Capo Mulini.
Nel 1844 fu eretta a sede vescovile.
Scoppiata la rivoluzione del 1848, Acireale accolse subito l'invito per l'indipendenza del regno di Sicilia, costituendo un comitato rivoluzionario ed una guardia nazionale acesi quanto mai attivi. Grazie a quest'ultima venne presa e prontamente fucilata una banda di delinquenti, detti "spataioli", che spadroneggiava in città.
In un clima di fervido patriottismo le rivalità municipali vennero dimenticate e Catania offrì ad Acireale la bandiera tricolore con l'emblema della Trinacria (conservata presso la Pinacoteca Zelantea) ed una spada dall'elsa d'oro (che fa parte del tesoro di S. Venera). Le truppe borboniche al comando del generale Carlo Filangieri spensero ben presto tanti entusiasmi ed il 5 aprile 1849 Acireale si arrendeva. Il poeta e patriota Gregorio Romeo andava esule a Malta, dove sarebbe morto nel 1850 a 25 anni.
Più tardi, nel 1860 la città tra le prime tornava ad inalberare il tricolore, contribuendo al meglio delle proprie risorse alla riuscita dell'impresa dei Mille. Successivamente votava plebiscitariamente per l'annessione.
Nel 1866 arrivava il primo treno; lo stesso anno veniva fondato il "Comizio Agrario", destinato a diventare prima "Stazione Sperimentale di Frutticoltura" (1907) e poi l'attuale "Istituto Sperimentale per l'Agrumicoltura" (1967); l'anno dopo il colera provocava più di 1.000 vittime.
Nel 1872 papa Pio IX, concretizzando un'antica aspirazione degli Acesi, istituiva di fatto la diocesi di Acireale, che solo pochi anni dopo realizzava un suo seminario vescovile (1881).
Nel 1870 era stato inaugurato il teatro "Bellini"; tre anni dopo era inaugurato lo stabilimento termale "S. Venera" sorto per iniziativa del barone Agostino Pennisi di Floristella. Nel 1881 il re Umberto e la regina Margherita visitavano Acireale alloggiando al Grand Hotel des Bains che il suddetto barone Pennisi aveva fatto costruire insieme alle terme.
Nel 1892 entrava in funzione il primo telefono; qualche anno più tardi (1896) brillava per la prima volta la luce elettrica; nel 1901 cessava l'attività dei maceratoi presso Capo Mulini.