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(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



Basilica catedrale

Basilica catedrale




Secondo la leggenda il duomo ("basilica cattedrale") di Cefalù sarebbe sorto in seguito al voto fatto al Santissimo Salvatore da Ruggero II, scampato ad una tempesta e approdato sulle spiagge della cittadina. La vera motivazione sembra piuttosto di natura politico-militare, dato il suo carattere di fortezza.
Le vicende costruttive furono complesse, con notevoli variazioni rispetto al progetto iniziale, e l’edificio non fu mai completato definitivamente. Un ambulacro ricavato nello spessore del muro e la medesima copertura, costituita da tre tetti, di epoca e tecnica costruttiva diversi, testimoniano dei cambiamenti intervenuti nel progetto.
Il duomo sorse su un’area già da tempo urbanizzata, al di sopra dei resti di una strada romana ed un mosaico paleocristiano.
L'edificazione ebbe inizio nel 1131 e nel 1145 furono realizzati i mosaici nell’abside e sistemati i sarcofagi porfiretici che Ruggero II aveva destinato alla sepoltura sua e della moglie.
Dal 1172 si ebbe un progressivo abbandono e nel 1215 Federico II trasferì a Palermo i due sarcofagi reali. Subito dopo, probabilmente, fu intrapresa la definitiva sistemazione della parte esterna e la facciata fu completata nel 1240. La Cattedrale venne consacrata nel 1267 dal cardinale Rodolfo, vescovo di Albano. Infine tra le due torri fu inserito nel 1472 un portico, opera di Ambrogio da Como.

Il mosaico paleocristiano
Le esplorazioni condotte nel duomo durante gli studi propedeutici al restauro globale dell'edificio,hanno portato alla luce i resti di un mosaico policromo databile al VI secolo: un campo centrale di cui si conservano alcune figure (un colombo in atto d’abbeverarsi, resti di almeno altri due volatili, due alberelli e un fiore gigliato), incorniciato da un motivo a ogive e squame nei colori rosso, bianco e nero e, almeno su un lato, da una fila di quadrati in diagonale con rosetta centrale. Il repertorio decorativo trova confronti in Sicilia (basilica della Pirrera a Santa Croce Camerina) e, in Africa settentrionale, (edifici di culto di El-Djem, Sbeitla e Cartagine).
Il mosaico è da porre in relazione con una struttura muraria e con tre sepolture ed era verosimilmente pertinente ad una basilica bizantina, della quale non è però possibile ricostruire la planimetria a causa della presenza delle sovrastanti strutture del duomo. I materiali rinvenuti nei sondaggi attestano una frequentazione nell’area almeno fino all’VIII secolo, epoca in cui Cefalù divenne sede episcopale.

Descrizione
L’edificio è preceduto da un ampio sagrato a terrazzo, detto “turniali”, che in origine svolgeva la funzione di cimitero. Secondo la tradizione era stato realizzato con terra portata appositamente da Gerusalemme, sia per motivi religiosi, sia per la sua particolare composizione (forse la presenza di composti di arsenico) che le dava la caratteristica di mummificare rapidamente i corpi che vi erano sepolti. Nel 1851 era stato circondato da una recinzione in ferro battuto dal vescovo Proto. Successivamente venne ampliato e assunse l'attuale dimensione.
La facciata è inquadrata da due possenti torri, alleggerite da eleganti bifore e monofore e sormontate da cuspidi piramidali aggiunte nel Quattrocento e diverse l'una dall'altra: una a pianta quadrata e con merli a forma di fiammelle, che simboleggerebbe la mitria papale e il potere della Chiesa, mentre l'altra, a pianta ottagonale e con merli ghibellini, la corona reale e il potere temporale. Il portico quattrocentesco precede la facciata, con tre archi (due ogivali ed uno a tutto sesto) sorretti da quattro colonne e con volte a costoloni. Sotto il portico rimane la “Porta Regum”, impreziosita da un portale marmoreo finemente decorato, e con pitture ai lati.
Le absidi, in particolare quella centrale, dovevano avere in origine uno slancio ancora maggiore. Le due laterali sono decorate superiormente da archetti incrociati e da mensoloni scolpiti: databili fra il 1215 e il 1223, raffigurano maschere, teste d’animali e figure umane in posizioni contorte. Più recenti i mensoloni dell'abside centrale, disposti inoltre in modo casuale sia sopra che sotto il cornicione. L'abside centrale aveva in origine tre grandi finestre, che vennero sbarrate per la realizzazione del mosaico absidale, ed una più grande ad arco ogivale. Altre due coppie di finestre circolari sono all’estremità del transetto. Altre merlature si trovano anche su uno dei fianchi.
L’interno è "a croce latina", diviso in tre navate da due file di colonne antiche riutilizzate: quattordici fusti di granito rosa e due di cipollino, con basi e i capitelli del II secolo d.C. Due grandi capitelli figurati reggono l’arco trionfale e sono probabilmente prodotti di una bottega pugliese e risalgono alla metà del XII secolo.
Il transetto ha un’altezza maggiore rispetto alle navate ed uno slancio ancora maggiore era previsto nel progetto originario.

Il mosaico del presbiterio
La decorazione musiva, forse prevista per tutto l’interno, fu realizzata solamente nel presbiterio e ricopre attualmente l’abside e circa la metà delle pareti laterali. Per la sua realizzazione, Ruggero II chiamò maestri bizantini, di Costantinopoli, che adottarono ad uno spazio architettonico per loro anomalo, di tradizione nordica, cicli decorativi di matrice orientale.
La figura dominante è quella del Cristo Pantocratore che, dall’alto dell’abside, benedice con la destra alzata mentre con la sinistra regge il Vangelo aperto sulle cui pagine si legge, in greco e latino: “Io sono la luce del mondo, chi segue me non vagherà nelle tenebre ma avrà la luce della vita” (Giovanni 8, 12).
Al centro, nel registro inferiore, è la Vergine orante elegantemente panneggiata e scortata dai quattro arcangeli.Nel secondo e terzo registro, ai lati del finestrone centrale, sono figure di apostoli ed evangelisti, distribuite secondo un preciso programma teologico. Nelle pareti laterali sono invece figure di profeti e santi. Nella decorazione della crociera sono raffigurati quattro cherubini e quattro serafini.
Sui due lati si contrappongono figure regali (parete destra, opposta al trono reale) e figure sacerdotali (parete sinistra, opposta al seggio episcopale. Tutte le figure sono accompagnate da scritte, in greco o in latino, che indicano il nome del personaggio.
La decorazione musiva fu realizzata entro il 1170, ma nella parte inferiore e sulla metà anteriore delle pareti del presbiterio venne completata nel Seicento, al di sopra di precedenti decorazioni pittoriche di cui restano scarse tracce.

Opere conservate
Della decorazione pittorica rimangono una figura di "Urbano V", della fine del XIV secolo, dipinta su una colonna della navata di sinistra, ed una "Madonna in trono" del XV secolo nel braccio sinistro del transetto.
All'interno il duomo ospita alcuni monumenti funerari, tra cui un sarcofago tardo antico, un altro medievale e il pregevole sepolcro del vescovo Castelli, opera dello scultore Leonardo Pennino (XVIII secolo).
Il fonte battesimale, ricavato da un unico grande blocco di calcare a lumachelle, è decorato da quattro leoncini scolpiti (XII secolo). Si conserva inoltre una "Madonna con Bambino" della bottega di Antonello Gagini (XVI secolo).
Si conservano ancora due organi dipinti, voluti dal vescovo Montoro alla fine del XV secolo che chiudono le navate verso il transetto e una grande croce lignea dipinta, opera di Guglielmo da Pesaro (1468 circa)
La cappella del Santissimo Sacramento (protesi) conserva la decorazione a stucco neoclassica, realizzata per tutto l'interno e successivamente asportata altrove. La cappella conserva inoltre un pregevole altare argenteo del XVIII secolo donato dal vescovo Gioacchino Castelli, opera di artigiani palermitani.
Il soffitto ligneo a capriate della navata centrale, unicum rimasto di carpenteria normanna, presenta una decorazione dipinta con busti, animali fantastici e motivi decorativi, sicuramente opera di maestranze arabe del XII secolo.

Chiostro
Annesso al duomo è un elegante chiostro con colonne binate sormontate da capitelli figurati, fra i più notevoli esempi di scultura medievale in Sicilia.




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