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(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



Castello Chiaramonte-Siculiana

Castello Chiaramonte-Siculiana

Via Circonvallazione, 44



Il Castello Chiaramontano di Siculiana, sito nell'omonimo centro agricolo e minerario dell'Agrigentino, posto a 85 metri sul livello del mare tra il capoluogo e Sciacca, è un monumento della ricca architettura castellana. Si erge massiccio sull'estremità della cresta rocciosa di un promontorio roccioso, forse sede dell'antica Cena, e dominava con le sue torri, un tempo merlate, il paese che porta il medesimo nome e la vallata dolcemente adagiata sul mare Mediterraneo, dove stava un ricco emporio frumentario.Era per questo una rocca imprendibile. La sua inespugnabilità era particolarmente dovuta alle sue mura, che cadevano a picco sull'orlo della roccia. La struttura parzialmente restaurata nella parte superstite, è in parte visitabile su richiesta ai proprietari.
Del complesso architettonico originario rimane soltanto la parte occidentale dove si trovano gli ambienti di servizio un tempo destinati a magazzini, stalla, ed una chiesa dedicata a San Lorenzo. La parte restante presenta un impianto planimetrico composto da due corpi longitudinali convergenti, costruiti lungo i margini del costone roccioso, che formano una corte interna aperta.
L'ala meridionale consta di un corpo longitudinale ad una elevazione; l'ala settentrionale presenta una articolazione più complessa e doppia elevazione. Tutta la costruzione è realizzata in pietrame di gesso legato con abbondante malta. La muratura che definisce lo spazio interno della corte è stata restaurata lasciandeo la pietra a vista; la finitura originaria tuttavia, doveva essere uguale alla superficie muraria esterna che è definita con un intonaco in malta di gesso disposto a raso con la pietra che resta a vista. Non sono presenti decorazioni di rilievo.
Notizie attendibili circa la fondazione si ottengono dal 1310, data in cui il barone Federico Chiaramonte, signore della baronia di Siculiana, ricostruì il castello dove forse precedentemente esisteva un fortilizio arabo, che rafforza l'ipotesi di una origine araba e che sembra sia stato distrutto dai normanni secondo Tommaso Fazello.

I musulmani lo avevano chiamato,infatti, unitamente al piccolo casale circostante, “Rahl o Kalat Siguliana”, e figurava tra gli undici castelli che resistettero a Ruggero il Normanno,ma che furono distrutti dopo la resa di Agrigento, siglata il 25 luglio 1087. Dopo la guerra del Vespro, conclusasi con la pace di Caltabellotta (24 Agosto 1302), Federico Chiaramonte , figlio di Federico e dalla Marchisia Prefolio, signora di Caccamo, ricevette, in premio del suo valore, dal re Federico II° di Aragona la baronia di Siculiana unita a quella di Favara e di Racalmuto.La riedificazione del Castello da parte di Chiaramonte gli diede splendore e portò molti coloni ad approssimarsi al casale.
I lavori di ripristino furono condotti così alacremente, che già nel 1310 la rocca di Siculiana era ritornata a nuova vita. La fronte dell’edificio, rivolta a Sud, venne munita di torri e propugnacoli. L’unica via di accesso venne intagliata nella dura roccia e comunicava unicamente col ponte levatoio e attraverso un androne, un arco a pieno centro, si arrivava nel mezzo della vasta piazza d’armi di forma triangolare, dove venne scavata una profonda cisterna, ancora intatta, per raccogliere e conservare l’acqua piovana per l’uso quotidiano dei castellani, acqua che diveniva vitale in caso di assedio.

Si narra che nel 1311, con grande pompa di apparati, tra le sue mura venne celebrato il secondo matrimonio tra l'unica figlia di Federico, Costanza (vedova del Marchese di Savona, Antonino del Carretto) ed il nobile genovese Brancaleone Doria, ricordato da Dante nell’Inferno della “Divina Commedia” ( canto XXXIII, versi da 133 a 153) e che nel 1335 divenne governatore di Sardegna.

Pare che la scelta del Castello Siculianese fosse stata determinata, oltre che dall’incantevolezza del luogo e della struttura, da una credenza secondo la quale i patti conclusi nella "Rocca di Siculiana" erano benedetti dalla Provvidenza. Questa credenza, misto tra fede e superstizione, elevò la rocca di Siculiana a simbolo di copiosità e spiega i numerosi sposalizi ed accordi nobiliari celebrati nel castello.

Dopo la morte di Federico, avvenuta ad Agrigento verso la fine del 1312, la baronia ed il castello di Siculiana andarono a Costanza, sua erede universale. Costanza amava contornarsi di ricamatrici ed apprezzava le arti in genere. Morì ad Agrigento nel marzo del 1350, lasciando il titolo e le proprietà ad Antonio del Carretto Chiaramonte, barone di Racalmuto, suo figlio primogenito di primo letto. Molto celebrati i ricevimenti che, senza risparmio di fasti, Antonio teneva nel castello siculianese.Con la morte di Antonio del Carretto la signoria di Siculiana passò al figlio primogenito Gerardo, convinto assertore di re Martino e suo indiscusso sostenitore contro i baroni siciliani che si rivoltarono alla corona aragonese nel 1398. Gerardo del Carretto si ritirò tuttavia in Piemonte, lasciando la baronia e la terra di Siculiana al fratello minore Matteo. Tale possesso fu confermato da re Martino nel 1401, in segno di gratitudine nei confronti della stirpe. Alla morte di Matteo del Carretto la terra di Siculiana passò nel 1408 per metà a Giovanni, suo figlio primogenito, e per metà ad Andrea Caro, nobile Licatese. Nel 1427 si impadronì della signoria, terra e castello di Siculiana, il nobile catalano Gilberto Isfar de Corilles, passato in Sicilia al seguito di re Alfonso il Magnanimo che tre anni dopo gli concesse la facoltà di poter esportare dal "Caricatore di grano" della signoria, derrate cerealicole, nonché diritti di portulania e diritto di nomina del vice Portulano. Tale elargizione costituì la ricompensa del sovrano “valoroso” Gilberto per i meritori servizi offerti durante la conquista del Regno di Napoli.

Un autentico ipogeo collegava,infatti, il Castello con un sito prossimo al "Caricatore", come veniva chiamato il magazzino per lo stoccaggio dei cereali situato a Siculiana Marina, e ad un’antica sede principesca di Serralonga, nell’omonima contrada, per consentire al Barone una via di fuga segreta in caso di necessità. Questo antichissimo caricatore pare fosse conosciuto anche dagli Arabi, e chiamato "Tirsat Abbad". L’ingresso di tale ipogeo si trovava in un vano del “Quarto nobile” e fu ostruito, volontariamente, dagli Agnello nel 1934.

Gilberto non disdegnava affatto il gentilsesso ed era anche provetto cacciatore. Nel 1437 sì investì della baronia Giovanni Gaspare, figlio di Gilberto che con privilegio di re Alfonso del 29 Gennaio 1458, ottenne di associare alla signoria di Siculiana il limitrofo territorio di Monforte che più avanti ospiterà la cittadinanza di Cattolica. Vincenzo Corilles degli Isfar, ereditato nel 1491 del padre Giovanni Gaspare la terra ed il castello di Siculiana vendette la baronia a Guglielmo Valguarnera. La baronia fu comunque riacquistata da Giovanni Isfar de Corilles che si investì il 26 maggio 1526. Giovanni fu uomo irascibile, esigente nei confronti della servitù. Egli lasciò nel Castello segni architettonici della cultura spagnola. Aveva particolare predilezione per i profumi. Ultimo di questa famiglia fu Blasco , marito di Laura Gaetano, che fondò nel 1642, sulla riva del fiume Platani, Cattolica, che Filippo II° elevò a principato. Di Blasco si dice fosse appassionato di botanica, pare che seguisse direttamente la piantumazione, nei giardini del Castello, di specie vegetali, che si dilettava a selezionare.

Della signoria di Siculiana e di questa città si investì il 1° Ottobre 1616 la sua unica figliola Giovanna che portò questi possedimenti in dote a Vincenzo del Bosco, duca di Misilmeri e primo principe di Cattolica. La famiglia “ del Bosco” si estinse nel 1668 con la morte di Giuseppe ( il quale non ebbe prole ), figlio di Francesco del Bosco Isfar. Della Baronia s’investì, il 12 maggio 1721 lo zio materno Francesco Bonanno del Bosco, principe di Roccafiorita, figlio di Rosalia del Bosco Sandoval e di Filippo Bonanno Marini. Francesco fu amante della pittura ed a lui si debbono buona parte degli affreschi un tempo mirabili nel “quarto nobile”( demolito agli inizi del 1900 dal barone Agnello). Dopo la sua scomparsa avvenuta a Napoli nel novembre 1779, gli successe nella signoria di Siculiana il figlio primogenito ed erede universale Giuseppe Bonanno Filangeri. Da questi la baronia passerà a Francesco Antonio Bonanno Borromei il 24 marzo 1781 ed infine a Giuseppe Bonanno Branciforti il 9 luglio 1798, suo figlio, ucciso nel corso dei moti palermitani del 1820. L’ultimo barone di Siculiana, riconosciuto con decreto regio del 26 dicembre 1899, fu Antonio Bonanno Perez. Quest’ultimo dotò il Castello di una mirabile cantina, egli stesso era un enologo raffinato. Cessato in Sicilia il regime feudale, il Castello venne adibito a “bagno penale” (carcere).

Su un’antichissima porta della cella d’isolamento sono ancora impressi i nomi dei carcerati, incisi di proprio pugno. Sino al 1924 fu adibito a carcere mandamentale. La proprietà passò, quindi, agli eredi del Barone Agnello i quali demolirono il “quarto nobile” (anno 1934), ovvero la parte di maggiore interesse storico ed artistico per costruirvi una sontuosa villa, in stile neogotico (la cui ultimazione è definita dalla data incisa su un pilastro del cancello di accesso alla corte interna, MCMXLII) che contrasta con le povere case dei popolani erette a valle, indizio inequivocabile di una struttura sociale ancora di traccia feudale. Ospite del CavaliereFrancesco Agnello, in quest’ultima villa dimorò, dal 4 settembre all’11 ottobre 1955 Giuseppe Tomasi di Lampedusa, insigne scrittore del ‘ 900. Secondo diversi studiosi, qui, il Tomasi scrisse pagine dell’ultima parte de “Il Gattopardo”, opera postuma. Sempre negli anni ’50, nel Palazzo Agnello dimoroò Karlheinz Stockhausen, anch’egli ospite della famiglia Agnello.

La struttura fortificata si presenta ai giorni nostri sotto un nuovo aspetto dovuto alle successive fasi di ristrutturazione subite e come già detto, del complesso architettonico originario rimane soltanto la parte occidentale ove si trovano gli ambienti di servizio un tempo destinati a magazzini per il deposito dei raccolti e delle provviste, le ampie scuderie, le sale d’armi, gli alloggiamenti degli armigeri e del personale di scuderia, le carceri e la chiesa di S. Lorenzo, posta sull'ala Sud del Maniero, la più antica di Siculiana, risalente alla metà del sec. XVII. Denominata anche Chiesa della “Madonna degli Angeli”, fu la prima sede di culto del S.S. Crocifisso, che è attualmente custodito nell'omonimo santuario del paese e che si festeggia in Siculiana ogni anno ai primi del mese di maggio. Questa chiesetta fu sede di una antica quanto solida confraternita. A Sud-Est stavano i locali detti il “quarto nobile”, formato da due piani, adibiti a dimora del barone e luogo di ricevimenti. Nelle sale interne sino ai primi del ‘900 si potevano ammirare i resti di antichissimi affreschi.

Indirizzo: Via Castello, 52
Come si raggiunge: Siculiana si trova tra Sciacca ed Agrigento percorrendo la S.S. 115 dopo Realmonte povenendo da Agrigento e dopo Montallegro provenendo da Sciacca.
Proprietà: Comune

Bibliografia

Amico V., Dizionario topografico della Sicilia, tradotto e annotato da Gioacchino Di Marzo, 2 volumi, pp.498-500. Palermo. 1855-1856.

Carita C., Castelli e torri della provincia di Agrigento, pp. 123-126, LIcata, 1982.

Fazello T., De Rebus Siculis decadae duae, Palermo, 1558. Traduzione in italiano, con il titolo Storia di Sicilia, a cura di A. De Rosalia, Palermo, 1990.

San Martino de Spucches F., La storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia dalle loro origini ai nostri giorni, 10 volumi, X, pp. 18-20, VII, pp. 387-390, Palermo, 1924-1941.

Mauruci F., L'insediamento medievale nel territorio di Agrigento: inventario preliminare degli abitati (XI-XV secolo), in "Sicilia Archeologica", 83, p. 70, 1993.




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