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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?


(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



Ricostruzione Area Sacra Malaphoros



In contrada Gaggera, ad ovest dell'Acropoli , si trovano i resti del santuario eretto in onore di Demetra,detta appunto "Malophoros" (colei che porta il melograno), dea della vegetazione e quindi protettrice delle messi e della fertilità.
Vi si giunge scendendo nella valle del Modione. e attraversando, tramite un ponte, il fiume, dove anticamente era il più grande porto fluviale di Selinunte, a circa un chilometro.
Con tutta probabilità i primi coloni vollero impiantare il santuario di Demetra vicino alla zona portuale per reduplicare, come pare avvenne per la collina orientale di Selinunte, il santuario portuale della madrepatria Megara Nisea.
Risalente, quindi, al periodo della fondazione della colonia sul finire del VII sec. a.C., il santuario sorgeva all'interno di un recinto sacro (o temenos), un alto muro con la caratteristica terminazione superiore sagomata che, in alto a sud-ovest, è vistosamente irregolare rispetto agli altri lati, che seguono le linee di quota.
All'interno del recinto sacro, oltre al santuario di Demetra, vi sono altri due edifici sacri dedicati a Zeus Meilichios e ad Hecate Triformis, divinità della patria d'origine dei coloni.
Pertanto, tutto il vasto spazio sacro (circa m 60 x 50) può essere considerato come costituito da due aree sacre.
Alla prima, più grande ed articolata, delimitata da un alto muro di cinta, si accede da un propileo coperto (si distingue dai monconi di colonne), con due frontoni alle estremità, databile intorno alla metà del V sec. a. C.: qui erano due altari per i sacrifici, un pozzo ed il tempio della Malophoros. Un canale per lo scorrimento dell'acqua proveniente dalla fontana di Gaggera separava il propileo dal tempio vero e proprio, un edificio di forma rettangolare senza basamento e colonne, diviso in tre ambienti e ( un megaron formato da un pronao, una cella ed un adito che ospitava la statua della dea), con l'ingresso ad Est e preceduto da una costruzione più antica non più visibile, databile nel VI secolo a.C..
Costruito ed ampliato a più riprese, in esso si fondono elementi dorici, ionici e punici. Nel santuario sono state ritrovate circa 12.000 statuette votive in terracotta di varie epoche e tutte raffiguranti una divinità femminile. Sono stati inoltre rinvenuti vasi corinzi e protocorinzi, stele, un bassorilievo raffigurante Plutone che rapisce Persefone e numerose lucerne di epoca costantiniana, a testimonianza di un insediamento cristiano sulle rovine del Santuario.
L'area sacra venne messa in luce durante gli scavi effettuati da Cavallari e Patricolo nel 1818 e da Salinas nel 1903-1905. Fu poi sistematicamente indagata tra il 1915 ed il 1926 da Gabrici, che rinvenne l' immensa quantità di materiali archeologici, attualmente conservati nel Museo Archeologico Regionale A. Salinas di Palermo.
La seconda area sacra, più piccola venne consacrata a Zeus Meilichios e ad una divinità paredra.




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