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ITINERARIO DEI CASTELLI NELLE PROVINCIE SICILIANE


 

::castello-di-chiaramonte»Descrizione del palazzo » Storia

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"Cui legi si vola vantari di gloriosu. Ali XX di Ginaro VII indiciore 1488 foro fati li suprari per magistru Birnardu Sitineri, per comandamentu di non perperius".





Il parziale uso del castello a residenza non strettamente militare è diretta conseguenza dell'ubicazione poco elevata del maniero che si presenta con un primo ordine di facciata compatto ed un secondo traforato da bifore, talune sostituite, in età rinascimentale da finestre architravate.
Secondo alcuni studiosi il castello, "grandioso edificio quadrato che guardato da lontano dà l'idea di una inespugnabile fortezza", comprendeva un altro forte vicino, cinto da merli, munito, agli angoli, da quattro torri, l'ultima delle quali sarebbe stata demolita nel 1820 assieme a parte della cinta merlata. Il palazzo sarebbe addirittura inserito "nell'orbita delle fortificazioni della rocca sfruttandone l'indirizzo iconografico".
Questi nuclei fortificati, assieme alle varie cortine difensive, ricollegabili al periodo svevo-angioino, garantivano al palazzo chiaramontano una fitta linea di sicurezza, difficilmente penetrabile.
Il Castello presenta una forma quadrangolare che viene alleggerita dalle alte e allungate bifore. Ha mura alte e assai spesse, con numerose strette feritoie su tutti e quattro i lati e culmina nella sua parte alta con la torretta dell?orologio e la cupola.
Il grande e unico portale d'ingresso ogivale ornato da una ghiera a triplice risalto e con un architrave di stile romanico.immette nella corte centrale su cui ruotano e si affacciano tutti gli ambienti. Da qui si accede alla cappella attigua, sormontata da un'arcata gotica e coperta da una splendida cupola emisferica di gusto arabo.
I locali al piano terra del castello, una volta adibiti a magazzini, scuderie e abitazioni della servitù, sono tutti con volte a botte.
Si aprono tutti quanti sul cortile, con porte archiacute, con integrazioni del '500, '700 e '800, e prendono luce dalle strettissime feritoie che internamente si allargano in finestre archiacute. Le cucine, poste ai lati dell'ingresso, vennero utilizzate dal 600 all'800 a carcere.
Vari stipi murali, della stessa foggia delle finestre, si aprono su quasi tutte le pareti interne e spesso in maniera modulare.
Nel cortile interno vi è una bella scala decorata che porta al piano al piano nobile, luogo di residenza degli antichi feudatari, le cui stanze sono collegate da un ballatoio e dove è sito un'anticamera con una porta impreziosita da una volta a botte e una grande bifora.
Il primo piano presenta una grande incoerenza strutturale e distributiva, dovuta principalmente agli interventi prima medievali e poi rinascimentali che hanno turbato l'originaria unità ed alla conseguente aggiunta del ballatoio esterno in pietra probabilmente nel '700, ma originariamente sicuramente in legno ed ammissibile ad un porticato. Singolare era l'ambiente a sud-est attiguo alla cappella, in origine coperto da una volta a crociera costolana.
Un bellissimo portale immette nella piccola cappella domestica che è senza dubbio l'ambiente più interessante dal punto di vista artistico.
Dal ballatoio si accede, mediante una stretta scala, ad una stanza molto raccolta con vista panoramica sul mare e sulla corte. Anche questa stanza, anticamente destinata alla servitù, servì come carcere. Salendo ancora la stretta scala si giunge al terrazzo da cui si può godere di un panorama molto suggestivo che spazia su tutta la fertile vallata sottostante..
La loggia del primo piano è coperta da volta a botte, impreziosita in prossimità dell'imposta, da vari fregi plastici di epoca chiaramontana che aggettano sul filo dei muri di piedritto.
Si segnalano all'interno del palazzo alcuni stemmi, con l'impresa araldica propria di Federico II, cioe l' aquila imperiale che con gli artigli ghermisce la lepre.
Una leggenda narra di un cunicolo che univa il Castello al monte Caltafaraci al cui interno viveva
una gallina che faceva le uova d'oro. In effetti sotto la corte del Castello, è visitabile, con accesso al giardino, un misterioso cunicolo e, sistemata sulla parete sinistra dell'androne d'ingresso,una lapide, ricavata in una mensola monolitica in pietra, reca ancora una misteriosa, iscrizione che la credenza popolare vuole si riferisca ad un tesoro nascosto e, sempre secondo tale leggenda, a colui che fosse stato in grado di interpretarla sarebbe apparsa una strega che dopo avergli posto delle domande, se non si fosse ritenuta soddisfatta dalle risposte, gli avrebbe buttato negli occhi un pugno di sale rendendolo cieco.

Della scritta, rimasta per molto tempo indecifrabile, con molta pazienza, oggi, è stato possibile decifrarne il seguente testo:
"Cui legi si vola vantari di gloriosu.
Ali XX di Ginaro VII indiciore 1488 foro fati li suprari per magistru Birnardu Sitineri, per comandamentu di non perperius".
E' chiaro che essa vuole ricordare i lavori fatti, nel piano superiore, dal Parapertusa, quando egli rientrò in possesso del castello.
Nel corso dell'ultimo restauro (1998-2001) sono stati portati alla luce, nell'andito, residui di affreschi di due stemmi dei Chiaramonte e di S. Giorgio
L'affresco di San Giorgio
In seguito alla pulitura delle pareti dell'andito, è stato portato alla luce l'immagine di un cavaliere col nimbo: S. Giorgio.
La cappella
La porta d'ingresso è incorniciata da un fastoso portale ogivale cieco, ornato da tre ghiere, con ai lati due delle quattro colonne originarie sormontate dall'architrave.
All'interno un arco a sesto acuto divide l'ambiente in due parti. Il primo ambiente, in cui è possibile ammirare l'albero genealogico di alcuni proprietari del castello, è coperto da una cupola di gusto arabo-normanno. Sulla parete absidale di fondo si apre una nicchia racchiusa originariamente da sei colonne, quattro in porfido (di cui due mancanti) e due in pietra intagliata con motivi tipici chiaramontani a zig-zag, sormontate da ghiere. Ai lati vi sono due edicolette con all'interno gli stemmi della famiglia Moncada subentrata alla fine del '300 ai Chiaramonte.
Ancora oggi si notano sulle pareti tracce degli antichi affreschi.