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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?


(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)





Venne costruito nella sua prima fase nel V secolo a.C. sulle pendici sul lato sud del colle Temenite e rifatto nel III secolo a.C. sotto Ierone II e ancora ritrasformato in epoca romana.
L'esistenza di un teatro a Siracusa viene menzionata, infatti, nella seconda metà del V secolo a.C. dal mimografo Sofrone, che cita il nome dell'architetto, Damocopos, detto Myrilla per aver fatto spargere unguenti ("myroi") all'inaugurazione.
Diodoro Siculo ricorda che  Dionigi giunse a Siracusa da Gela, nel 406 a. C nel momento in cui i cittadini uscivano dal teatro: questo infatti era utilizzato, come ovunque in Grecia, per le riunioni" dell'assemblea popolare.
Plutarco racconta invece dell'irruzione di un toro infuriato nel teatro durante un'assemblea cittadina (355 a.C.), e dell'arrivo in carro di Timoleonte nel 336 a.C. mentre il popolo vi era riunito, dopo aver attraversato l'agorà (provenendo evidentemente da Ortigia), strada obbligata per recarsiverso la Neapolis; inoltre, dal passo di Diodoro che ricorda tra i monumenti costruiti da Ierone II il grande altare "prossimo al teatro".
Il teatro ebbe grande importanza per le rappresentazioni del commediografo Epicarmo, dei contemporanei Formide e Deinoloco. Eschilo vi rappresentò (forse nel 456 a.C.) "Le Etnee" (tragedia scritta per celebrare la fondazione della nuova Catania con il nome di Aitna ad opera di Ierone I) e, secondo Eratostene, i Persiani, già rappresentata ad Atene nel 472 a.C.
Quest'ultima opera è giunta fino a noi, mentre la prima è andata perduta. Alla fine del secolo vi furono rappresentate probabilmente le opere di Dionisio I e dei tragediografi ospitati alla sua corte, tra cui Antifonte e Carcino.
In quest'epoca il teatro non aveva ancora la forma canonica a semicerchio, ma era invece forse costituito da tre gradinate rettilinee disposte a trapezio.
Il teatro venne interamente ricostruito tra il 238 e il 215 a.C., nella forma che oggi vediamo, da Ierone II. La sua costruzione era stata progettata tenendo conto sia della forma naturale del colle Temenite, che della possibilità di sfruttare al massimo l'acustica. Tipica caratteristica dei teatri greci è anche la visione panoramica, cui il teatro di Siracusa non è esente, offrendo la visione dell'arco del porto e dell'isola di Ortigia.
Struttura del teatro greco di Epidauro
La Cavea
La cavea aveva un diametro di 158,60 metri, uno dei più grandi del mondo greco, ed era in origine costituita da 67 ordini di gradini, per la maggior parte scavati nella roccia viva e divisi in 9 settori ("cunei") da otto scalinate. A metà altezza correva una precinzione ("diazoma") che la divideva in due settori. Questa costituiva l'accesso più importante alla stimma cavea, e ancora oggi vi si perviene direttamente dall'ingresso, attraverso una strada tagliata nella roccia. La parete a monte del diazoma è ornata da modanature in alto e in basso. Sulla recinzione sono incisi a grandi lettere greche e in corrispondenza di ognuno dei cunei, nomi di divinità e di membri della famiglia reale, che hanno permesso la datazione della costruzione. Il cuneo centrale (V) reca il nome di Zeus Olimpio; il secondo a destra quello di Eracle; gli altri di questo lato, perduti, dovevano recare il nome di altre divinità (si è pensato a Demetra). Sul lato opposto, a ovest, si trovano i nomi di Ierone II (IV), di sua moglie Filistide (III), e di Nereide, la figlia di Pirro e nuora di Ierone (II). In corrispondenza del I cuneo era forse il nome di Gelone II, figlio di Ierone, e a lui premorto. L'iscrizione del nome di alcune divinità nel settore est e di alcuni membri della famiglia reale in quello ovest serviva certamente per facilitare l'accesso degli spettatori ai loro posti. Essa, comunque, permette di datare con notevole precisione la realizzazione del teatro nelle sue forme attuali: tra il 258 (data del matrimonio di Gelone II con Nereide) e il 215 (morte di Ierone). è infatti escluso che le iscrizioni siano state aggiunte in un secondo momento, e lo scavo in profondità dell'immensa cavea avrebbe comunque obliterato ogni traccia di un più antico edifìcio.
La parte costruita della cavea iniziava a partire dal XIX gradino al di sopra del diazoma, ed era sostenuta da un muro esterno (analemma), che toccava il punto più alto a sud-est (8,92 m) e sosteneva il terrapieno artificiale su cui poggiava la parte alta della cavea, ora scomparsa. Sembra che in una prima fase il teatro fosse privo di pàrodoi, e che l'accesso all'orchestra avvenisse tramite due passaggi ai lati della scena. Successivamente furono create delle pàrodoi, ritagliando i muri frontali dell'analemma, che da allora vennero a essere paralleli alla scena (mentre in origine erano inclinati, come spesso avviene nei teatri greci).

L'Orchestra
L'orchestra, nella fase più antica, era delimitata da un ampio euripo (canale scoperto) largo 1,05 m, oltre il quale una fascia di 2,95 m era destinata ad ospitare il pubblico. In un secondo tempo tale canale fu interrato, e sostituito da un altro prossimo alle gradinate, assai più stretto (0,34 m): il diametro dell'orchestra passò così da 16 a 21,40 m.
Le file superiori di gradini, oggi scomparse, erano costruite e poggiavano sopra un terrapieno sostenuto da muri di contenimento. Sull'asse centrale della gradinata è scavata nella roccia una sorta di tribuna, forse destinata a posto d'onore.
All'epoca di Ierone II appartiene probabilmente un passaggio scavato sotto l'orchestra, accessibile con una scaletta dal palcoscenico e terminante in una stanzetta: questo allestimento è stato ipoteticamente identificato con le "scale carontee", che permettevano improvvise scomparse o apparizioni degli attori. Ancora a questa fase dovrebbe appartenere una prima fossa per il sipario (che nel teatro antico non veniva calato dall'alto, bensì issato verso l'alto). Le tracce di un elemento a cui dovevano sovrapporsi colonne e pilastri è stata interpretata come una piccola scena mobile per le farse fliaciche. Alla decorazione della scena apparteneva probabilmente la statua di una cariatide, attualmente conservata nel Museo archeologico regionale Paolo Orsi.

La scena
Oltre lo spazio semicircolare dell'orchestra era la scena, le cui strutture sono quasi completamente scomparse. Restano solo numerose cavità e fori tagliati nella roccia, corrispondenti a varie fasi dell'edifìcio scenico, che formano una sorta di palinsesto, di difìicilissima lettura. Secondo alcuni studiosi anche la scena, come la cavea, non è anteriore a Ierone II.L'orchestra
Non si può escludere del tutto, però, che nello stesso luogo fosse anche la scena del più antico teatro, che quasi certamente occupava la medesima posizione dell'attuale. Il Rizzo propose di riconoscere in cinque spianamenti, della roccia (65 e 66 nel senso est-ovest; 60, 62, 63 in senso nord-sud) la preparazione di una grande scena munita di paraskènia, da lui datata tra il V e il IV secolo. In realtà, due dei grandi spianamenti nord-sud (62 e 63) non sono altro che i passaggi (pàrodoì) originali che davano accesso all'orchestra, mentre gli altri sono piuttosto da riferire alla preparazione della scena di età romana (che però, molto probabilmente, sostituiva, nella stessa posizione, una più antica scena ellenistica). A questa appartenevano probabilmente il lungo canale scavato nella roccia e coperto (31,33), al quale si accedeva da una scaletta sottostante al palcoscenico (32), e che attraversava l'orchestra da sud a nord, fino a raggiungere una stanzetta quadrata . Si è proposto di riconoscere in tale apprestamento le " scale carontee ", per mezzo delle quali si potevano avere particolari effetti scenici (scomparsa o apparizione improvvisa di. attori, ecc). Entro questa fossa fu scoperta la cariatide che decorava la scena ellenistica (ora al Museo di Siracusa). Alle fasi più antiche della scena appartengono anche la fossa 47, che presenta a sud lunghe incisioni verticali a coda di rondine (si è pensato che fosse utilizzata per il sipario, come le più tarde fosse antistanti, di età romana), una serie di incassi perpendicolari, a nord della fossa stessa (81, 82), e una lunga crepidine con le tracce di una serie di colonne e di pilastri, che vi poggiano sopra (92). Questa costruzione viene in genere interpretata, insieme alle fosse retrostanti, come una piccola scena mobile, destinata alle rappresentazioni fliaciche (una sorta di scenette clownesche tipicamente italiote). Potrebbe però trattarsi anche di un elemento avanzato della scena ellenistica più antica.
Sui lati di questa sono due grandi piloni risparmiati nella roccia (lunghi più di 14 m), determinati dal taglio delle pàrodoi a L, e inclusi nella scena d'età romana. Di questa rimangono: gli spianamenti della roccia che, per le loro dimensioni (circa 3 metri di larghezza) mostrano di aver sostenuto strutture imponenti a più piani; la fossa dell'aulaeum (sipario) (27), con una serie di fori destinati a contenere le strutture telescopiche che ne permettevano l'innalzamento, e la camera di manovra circolare a est; due incassi semicircolari negli spigoli interni dei piloni di roccia laterali, sui quali si legge anche la traccia del proscenio. Queste cavità appartenevano evidentemente a due nicchie semicircolari, entro le quali dovevano aprirsi le porte laterali dell'edificio scenico. Quella centrale, più ampia, era probabilmente al centro di una nicchia di forma rettangolare: è questo uno schema che non appare mai nei teatri auguste! e successivi, che presentano in genere una nicchia semicircolare al centro, e due rettangolari ai lati (a partire dal Teatro di Marcello). Esso si ritrova, invece, nel teatro di Pompeo: sembra quindi probabile che la sua presenza nel teatro di Siracusa sia da ricondurre a età augustea piuttosto antica, e cioè al momento stesso della deduzione della colonia.

La terrazza e la via dei Sepolcri
Teatro-via-Sepolcri
La cavea del teatro è dominata da una terrazza, scavata nella roccia, accessibile da una gradinata centrale e da una strada incassata, sulla sinistra (a ovest), nota come "via dei Sepolcri". In origine la terrazza ospitava un grande portico ad L che includeva la metà occidentale della cavea. Di questo portico è oggi visibile solo una banchina tagliata nella roccia, a 7,40 m dalle pareti di fondo, che costituiva la fondazione del colonnato frontale. Restano anche tratti della pavimentazione in cocciopesto, e fori per le travi del tetto nel tratto di parete rocciosa conservato per una notevole altezza (fino a 8,56 m) sul lato nord. In fondo al portico era anche una banchina, alta e larga 0,45 m, conservata in alcuni tratti all'estremità ovest del portico settentrionale.
La via dei Sepolcri sale in curva prima verso ovest, poi gira a nord, per una lunghezza complessiva di circa 150 m. Le sue pareti sono costellate da incavi per quadretti votivi, di età ellenistica, e da ipogei più tardi, per lo più d'età bizantina. Verso la fine della via, sulla sinistra, si conserva ancora un rilievo rupestre in cui si distingue la rappresentazione dei Dioscuri a cavallo e di Trittolemo sul carro tratto da serpenti alati.

La fontana della grotta

La-grotta-artificiale
Al centro della parete nord si venne a trovare una preesistente grotta-ninfeo scavata nella roccia , fiancheggiata da nicchie destinate probabilmente ad ospitare statue e in origine inquadrata da un ordine dorico intagliato nella parete (resta traccia del fregio). All'interno il vano (9,35 x 6,35 m, alta 4,75 m) era dotato di una vasca rettangolare rivestita in cocciopesto, nella quale sgorgava l'acqua dell'antico acquedotto greco detto "del ninfeo".
Nella parete di fondo una nicchia serve da sbocco a un ramo del grande acquedotto greco che attraversava le Epipole; l'acqua, poi, si immetteva in un canale intagliato lungo la parete di fondo del portico, che doveva confluire nel sistema idraulico del teatro (dove, oltre alle tarde installazioni dell'orchestra, esiste un canale sotto il VI sedile a partire dalla precinzione).
Nel punto meglio conservato della parete, sopra la grotta, si vedono i resti di un fregio dorico, che decorava la facciata esterna della grotta prima della costruzione del portico. L'insieme era concluso da una balaustra, appartenente a una terrazza superiore, che si affacciava verso il teatro.
La parete rocciosa, soprattutto verso ovest, è in parte coperta da intagli relativi a piccoli quadretti (naiskoi), simili, a quelli che si trovano un po' ovunque a Siracusa, alcuni dei quali appaiono tagliati dalle strutture relative alla sistemazione monumentale della zona, rispetto alle quali sono quindi, evidentemente, più antichi. Se ne può dedurre che il complesso presenta almeno due fasi: una prima sistemazione della grotta, con il fregio dorico, seguita dalla creazione del grande portico a L. Siccome quest'ultima fase è chiaramente connessa con il teatro nella sua forma definitiva, se ne deve concludere che la prima fase è precedente (ciò che conferma, tra l'altro, l'esistenza del teatro prima di Ierone II).
Vari documenti permettono l'identificazione di questo complesso, strettamente collegato al teatro: in primo luogo, due iscrizioni ellenistiche onorarie trovate nel teatro (ma certamente provenienti dal portico), realizzate dal collegio degli attori dionisiaci. Da una di esse si ricava che la statua di un certo àpollodotos figlio di Lucio era collocata nel Mouseion. Vi si parla inoltre di libazioni, evidentemente in onore di personaggi eroizzati. Ora, proprio nell'area del portico furono scoperte all'inizio del secolo delle coppette da libazione con inciso il nome di Ierone. Inoltre, dalla stessa zona del portico provengono tre statuette di Muse in marmo, ora al Museo di Siracusa. è dunque evidente che il complesso sovrastante al teatro non è altro che il Mouseion, o santuario delle Muse, sede ufficiale della corporazione degli attori. Secondo l'anonima "Vita di Euripide" Dionigi il Vecchio avrebbe dedicato nel Museo di Siracusa (che infatti, come abbiamo visto, è anteriore a Ierone II) la cetra, le tavolette da scrivere e lo stilo appartenenti al poeta ateniese, acquistati per la somma enorme di un talento.

Il santuario di Apollo Temenite
Scavi nell'area a ovest del teatro (1953-54), appartenente al colle Temenite, hanno rivelato la presenza di un .santuario arcaico, nel quale si deve riconoscere il santuario di Apollo Temenite. L'altare fu ricostruito più volte, e spostato sempre più a ovest, man mano che veniva ampliata la cavea del teatro. Le tracce più antiche di occupazione risalgono alla fine del VII sec. a. C. L'ultimo peribolo, di forma quadrata, fu in parte tagliato dal muro di analemma del teatro di Ierone II  Esso dovrebbe appartenere dunque al IV sec. a. C.  Vi è stata scoperta la parte inferiore di una statua arcaica di calcare, con i piedi in marmo.

Epoca Romana
In epoca romana, importanti modifiche furono attuate nel teatro, forse al momento della deduzione della colonia (nella prima età augustea) e successivamente (tardo imperiale) per adattare l'orchestra agli spettacoli dei giochi d'acqua (colymbetra) e arretrare la scena.
La cavea venne modificata in forma semicircolare, tipica dei teatri romani, anzichè a ferro di cavallo, come d'uso per i teatri greci e furono realizzati i corridoi che permettevano l'accesso all'edificio scenico (parodoi). La stessa scena venne ricostruita in forme monumentali con nicchia rettangolare al centro e due nicchie a pianta semicircolare sui lati, nelle quali si aprivano le porte sceniche. Vi fu allora realizzata quella fossa di pianta trapezoidale (40), che è stata a torto interpretata come traccia superstite di un teatro arcaico. In tale occasione si dovette arretrare la scena, e quindi anche scavare un'altra fossa per l'aulaeum, che è più lunga della precedente, e presenta anch'essa una camera di manovra a est (14).
Nell'orchestra venne interrato l'antico euripo, sostituito da un nuovo canale, molto più stretto e a ridosso dei gradini della cavea, ampliando il diametro da 16 m a 21,40 m. La decorazione della scena subì forse dei rifacimenti in epoca flavia e/o antoniniana.
Non esistono invece tracce di adattamenti che consentissero di ospitare combattimenti di gladiatori o spettacoli con belve: manca infatti del tutto la caratteristica più tipica che ritorna in questi casi, e cioè l'eliminazione dei gradini più bassi della cavea per la creazione di un alto parapetto a protezione degli spettatori (ad esempio nei teatri di Taormina e di Tindari).
Del resto questi spettacoli continuavano probabilmente a tenersi nell'anfiteatro, presente a Siracusa sin dall'epoca augustea.
Un'iscrizione oggi perduta permette di datare con precisione i lavori dell'ultima fase e menzionava un Nerazio Palmato, probabile governatore (consularis) di Sicilia, come autore di un rifacimento della scena. E' probabile che si tratti dello stesso personaggio che restaurò a Roma la Curia dopo il sacco di Alarico, in tal caso gli ultimi lavori nel teatro di Siracusa potrebbero essere datati agli inizi del V secolo d.C.

Storia Successiva
Rimasto in abbandono per lunghi secoli, subì a partire dal 1526 una progressiva spoliazione ad opera degli Spagnoli di Carlo V, che sfruttarono i blocchi di pietra già tagliati per costruire le nuove fortificazioni attorno Ortigia: scomparvero in tal modo l'edificio scenico e la parte superiore delle gradinate. Dopo la seconda metà del Cinquecento, il marchese di Sortino, Pietro Gaetani, riattivò a proprie spese l'antico acquedotto che portava l'acqua sulla sommità del teatro, favorendo l'insediamento di diversi mulini installati sulla cavea: di questi resta ancora visibile la cosiddetta "casetta dei mugnai" che si erge sulla sommità della cavea.
Sul finire del Settecento riprese l'interesse per il teatro che venne menzionato e riprodotto dagli eruditi dell'epoca (Arezzo, Fazello, Mirabella, Bonanni) e da famosi viaggiatori (d'Orville, von Riedesel, Saint-Non, Houel, Denon ecc.). Nel secolo successivo si ebbero vere e proprie campagne di scavo, grazie all'interesse del Landolina e del Cavallari che si occuparono di liberare il monumento dalla terra che vi si era accumulata. Successivamente le indagini archeologiche proseguirono ad opera di P. Orsi e di altri archeologi, nel 1921, tra il 1950 e il 1954, e ancora nel corso degli anni '60 fino a quelle del 1988 ad opera di Voza.
La lacunosità dei resti conservati, e l'estrema complessità dei problemi che essi pongono agli studiosi, rendono assai ardua la ricostruzione delle varie fasi del. monumento, in particolare per quanto riguarda l'edificio scenico, del quale sono visibili solo le tracce in negativo, tagliate nella roccia.
A partire dal 1914 l'istituto nazionale del dramma antico (INDA) inaugurò nell'antico teatro le annuali rappresentazioni di opere greche (la prima fu la tragedia "Agamennone" di Eschilo, curata da Ettore Romagnoli).

  • Pianta dell'area della scena e dell'orchestra (da Anti-Polacco)
    Scena e orchestra
  • Saverio Cavallari 1883, Topografia
    Topografia di S.Cavallari
  • Struttura del teatro greco di Epidauro
    Struttura teatro greco
  • Tavola XXX (Polacco – Anti): Pianta generale del complesso monumentale del Temenite
    Pianta generale
  • Ricostruzione  pianta Siracusa VI (epoca imperiale).
    Ricostruzione
  • Frammenti di cornici e statue in pietra trovati nel teatro
    Frammenti
  • Frammenti di cornici e statue in pietra trovati nel teatro
    Frammenti
  • Incisioni nella parete del diazoma
    Incisioni
  • Schizzo assonometrico dell'architetto Scolari
    Assonometria