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::Palazzo Beneventano a Lentini » Storia

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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?

(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



Palazzo Beneventano

Palazzo Beneventano

Via San Francesco di Assisi, 4



Un'architettura storica, imponente e importante. Identificativa di quella comunità siciliana. Un complesso d'impianto duecentesco, in gran parte distrutto dai sismi del 1543 e poi del 1693 e per questo ricostruito, a partire dal 1700. È una delle dimore storiche più belle della Sicilia e fino al dopoguerra era abitata dagli eredi del barone Giuseppe Luigi Beneventano, poi occupata da sfollati, sede di mezzi comunali della nettezza urbana che avrebbero rovinato il mosaico a ciottoli dell'800, luogo di svago per i vandali e ancora luogo caro e oggetto di studio del giudice Giovanni Falcone, che a Lentini svolse il suo primo incarico da pretore, dal 1965 al 1967.
Dimenticato fino a pochi mesi fa, nonostante i recenti restauri avviati intorno al 2004 e durati circa un decennio, Palazzo Beneventano, progettato dal famoso architetto Carlo Sada,alla fine del XIX secolo, oggi rivive grazie all'impegno dei volontari di Italia Nostra Lentini, con le sue 50 stanze tra sale della musica, del trono, di attesa, da conversazione e la grande sala degli specchi, tutte affrescate, disposte a mo' di cannocchiale prospettico e distinguibili dai mosaici dei pavimenti. Due furono i protagonisti del compimento di quest'opera, il barone Giuseppe Luigi Beneventano e l'Architetto Carlo Sada, che modificarono e ingrandirono l'edificio "a sontuosa villa meglio confacente nello stile ad una villa Baronale".
Nato a Carlentini il 13 novembre 1840 da una famiglia nobilissima, i suoi avi furono Principi alla corte di Federico II di Svevia, Giuseppe Luigi Beneventano fu Consigliere comunale e Sindaco e Senatore del Regno.
Personaggio di gran temperamento contribuì alla rinascita dell'agricoltura e dell'economia in genere della città.
Proprietario di molti palazzi fra cui appunto l'edificio di cui si parla, nel febbraio del 1893, il Barone, incaricò uno degli Architetti più famosi del tempo l'architetto Carlo Sada, progettista fra l'altro del teatro Massimo Bellini di Catania. Il Sada presentò, in prima istanza, un progetto che riguardava la totale trasformazione degli edifici esistenti costituiti da due blocchi: il primo la parte ove risiedeva la zona "nobiliare", l'altro dove vi erano i magazzini, le stalle etc., staccati fra loro, il primo contenente la parte più antica e poi ampliato dal 1700 in poi, il secondo blocco realizzato dall'inizio del XIX secolo.
Il progetto, che prevedeva due piani fuori terra, era imperniato all'adeguamento della parte preesistente sul lato nord-est (la parte più antica) e la demolizione e ricostruzione degli edifici a nord-ovest.
Successivamente, su richiesta del Barone Beneventano, l'architetto eseguì diverse varianti al progetto principale. Alla fine fu scelta la soluzione che prevedeva un solo piano fuori terra per la parte nord dell'edificio, quella che affaccia su Via S. Francesco.
I lavori però furono iniziati a partire dal 1910, ma mai completati. L'edificio dunque si sviluppa lungo la strada principale (Via S Francesco), soluzione scelta per indicare il prestigio della famiglia proprietaria. Dall'ingresso posto a Nord che guarda l' Etna, si accede al cortile dai cui lati ci si immette ai locali di servizio: quali magazzini, stalle, alloggi per le servitù ed allo "scalone" l'elemento che mette in comunicazione il piano terra con il piano nobiliare tipico dei palazzi dell'epoca.
La tipologia dell'impianto edilizio, deriva dagli edifici turriti, la sua organizzazione interna, prevalentemente nel piano nobile, è del tipo en enfilade, vale a dire: sale tutte in fila con le porte allineate, in modo che nel piano si potessero vedere, per tutta la lunghezza della manica e mettere in evidenza, le stanze di uso variabile tipo il soggiorno, il pranzo, la conversazione e la cerimonia; tutte di dimensioni dei vani sono pari ad un'unità base, almeno 40-50 mq., volte decorate e pavimenti a mosaico sono presenti nella maggior parte delle stanze di rappresentanza, come quella d'ingresso nella quale al pavimento oggi rimane solo l'impronta di quello che un tempo doveva essere lo stemma di famiglia.
Al culmine delle sale en enfilade, troviamo il salone per le feste, grande il doppio dell'unità base con preziosi mosaici ai pavimenti e volte dipinte a tempera dai colori smaglianti.
Palazzo Beneventano è stato acquisito dal Comune di Lentini tra il 1974 e il 1975, e fu questo passaggio di proprietà da privato a comunale, che permise ai vandali di entrare, approfittando del fatto che fosse disabitato, e rovinare tutto ciò che oggi poteva essere importante ai fini storici.
Sarebbero stati rubati i cavi in rame, strappate la carta da parati e le stoffe che rivestivano le pareti, asportate le prestigiose maioliche che pavimentavano le cucine e alcuni disimpegni. Nell'acquisto non erano inclusi gli arredi di pregio: alcuni sarebbero stati venduti in un'asta giudiziaria, altri rubati come il resto delle cose. Oggi, la sede nazionale di Italia Nostra che si occupa della salvaguardia dei beni culturali, artistici e naturali, pensa di fornire ciò che manca alla struttura, come le vetrate degli infissi e l'impianto elettrico.
Ristrutturato in fasi diverse, grazie a successivi finanziamenti, l'ultimo dei quali erogato dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale 2007-2013 nel luglio 2013 e grazie agli interventi di Italia Nostra e con "Dea Misterica", una bimestrale d'arte, i volontari hanno aperto il palazzo, trasformando le scuderie e i grandi magazzini in contenitori per esposizione di arte contemporanea, e lo spazioso cortile esterno (dove la nobiltà lentinese amava organizzare le feste aperte alla città e i braccianti agricoli si riunivano per pianificare il lavoro nei campi) in un grande palco per musica dal vivo. Ora, il sogno è far risorgere dalle ceneri il Centro Studi Notaro Jacopo e «trasformare il palazzo in un centro di aggregazione dove chiunque possa recarsi per studiare, per leggere un buon libro e tanto altro, approfittando della rete Wi-Fi e di una serie di servizi in fase di progettazione».
Oggi il cortile interno a ciottoli fluviali bianchi e neri, le grandi sale affrescate del piano superiore, quella della Musica e poi quella degli Specchi, soprattutto le cinque camere da letto, la saletta d'attesa, la sala dell'Alcova e quella degli Stemmi, lo Studiolo, la Stanza delle Cassaforti, lo Studio dell'Amministrazione, la sala del ricevimento del Barone, il Salottino Giallo, la Sala da Pranzo, sembrano ritornati agli antichi splendori.
"Il Museo del Domani lo fanno loro, non i burocrati, non gli indifferenti nè gli invidiosi "scriveva Italia Nostra il 20 maggio sulla sua pagina Facebook presentando i Laboratori e visite di saperi e creatività rivolti ai ragazzi. Il Palazzo ristrutturato, ma anche fruibile é un'occasione. Molto più di un "prestigioso" contenitore di eventi. Un luogo di cultura ma anche un'oasi di legalità Per l'intera comunità di Lentini.




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