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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?

(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



Demetra (o Kore) di Echetla

Demetra (o Kore) di Echetla




L'altura di Poggio dell'Aquila si eleva ad oriente della collina di Poggio dei Pini. Sulla sua sommità alla fine dell'800 Orsi individuò un'area sacra e raccolse importante materiale costituito, prevalentemente, da statuette fittili, che attestano una frequentazione dell'area dal VI al V secolo a. C. Il materiale si trovava all'interno di cavità, interpretate come depositi votivi: dalla più grande di queste proviene un bell'esempio di produzione indigena, una statua di divinità femminile su trono, che Orsi identificò con Demetra o Kore, databile alla seconda metà del VI secolo a. C. Il santuario, probabilmente di legno, doveva essere ubicato sulla sommità del colle, dove però nulla è stato rinvenuto. Dal confronto con il santuario extra moenia di Bitalemi, a Gela, si conferma il suo carattere indigeno. Il culto era connesso a divinità endogene legate al ciclo della fertilità della terra. L'arrivo dei Greci diede incremento alla vita del santuario, ma il luogo del temenos sacro fu probabilmente spostato più a valle, nella contrada di Madonna del Piano e il culto fu assimilato a quello ellenico di Demetra e Kore.
Attivo in età arcaica e classica (dalla fine del VII al IV secolo a. C.), non cessò mai di avere caratteristiche indigene come dimostrano le numerose terrecotte votive di produzione locale, datate intorno alla metà del V secolo, quando si assiste al "risveglio siculo" nella zona della Piana di Leontini a opera di Ducezio. Di questo periodo sono i migliori esemplari di statuette (peplophoroi), ceste di offerte e busti di notevoli dimensioni. Molti di questi materiali sono stati acquisiti dal Museo di Siracusa, fra questi una grande statua fittile di divinità seduta, di fattura indigena databile alla seconda metà del VI secolo a. C., oggi nel Museo Archeologico P. Orsi, e grandi busti fittili del V secolo a. C. Alla fine del V e nel corso del IV secolo a. C. le terrecotte si riducono a pochi esemplari per lo più importati o tratti da archetipi siracusani, si osservino in particolare una testina femminile, il bel frammento di grande busto fittile Demetra con il polos o la matrice per statuette raffiguranti il sileno.
Fra i rinvenimenti di cui Orsi dà notizia in quest'area sono da ricordare una serie di sepolcri indigeni e greci ubicati sul crinale meridionale del colle che hanno restituito materiale dall'età protoarcaica a quella ellenistica, la presenza di "piccoli fabbricati antichi" e di una fornace confermerebbe l'esistenza di altri centri di produzione artigianale a Grammichele.
Nella prima metà degli anni '90 sul promontorio di Poggio dei Pini furono eseguiti saggi per verificare l'estensione dell'abitato greco-indigeno. Le indagini permisero di individuare resti riferibili a diversi contesti e a tre distinti momenti cronologici. Tra le strutture rinvenute la più antica è una capanna intagliata nella roccia, databile tra la fine dell'età del bronzo e gli inizi dell'età del ferro in base al rinvenimento di alcuni reperti oggi al Museo Civico di Grammichele. Un altro importante rinvenimento è costituito da un tratto di muro che si estende alle pendici del la collina di Poggio dei Pini, per il quale resta incerta la funzione, è in dubbio se si tratti di una cinta di fortificazione o piuttosto un sistema di terrazzamento della collina. La presenza di un'area sepolcrale a nord del suddetto muro, in uso dal VI al IV secolo a. C., che segnerebbe il limite di espansione dell'abitato e le indicazioni degli scritti di Paolo Orsi indurrebbero a propendere per la prima ipotesi.




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