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::storia-di-s-agata»Le reliquie e il famoso "velo" » Storia

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" Tu che splendi in Paradiso,
coronata di vittoria,
Oh Sant'Agata la gloria,
per noi prega, prega di lassù "

(Canto a Sant'Agata)





Le reliquie della santa furono trafugate a Costantinopoli nel 1040 dal generale bizantino Giorgio Maniace. Nel 1126 due soldati dell'esercito bizantino, di nome Gilberto e Goselino (uno di origine francese e l'altro calabrese), le rapirono per consegnarle al vescovo di Catania Maurizio nel Castello di Aci odierna Aci Castello.
Il 17 agosto 1126, le reliquie rientrarono nel duomo di Catania. Questi resti sono oggi conservati in parte all'interno del prezioso busto in argento (parte del cranio, del torace e alcuni organi interni) e in parte dentro a reliquiari posti in un grande scrigno, anch'esso d'argento (braccia e mani, femori, gambe e piedi, la mammella e il velo).
Altre reliquie della santa, come ad esempio piccoli frammenti di velo e singole ossa, sono custodite in chiese e monasteri di varie città italiane e estere.
Durante il martirio con i carboni ardenti si narra che una donna coprì con il suo velo la Santa: si tratta del cosiddetto velo di Sant'Agata. È di colore rosso cupo e mentre il suo corpo ardeva il velo non bruciò. Custodito come sacra e miracolosa reliquia della Santa, nel corso dei secoli, venne più volte portato in processione come estremo rimedio per fermare la lava dell'Etna: questa una delle leggende. Nei fatti il cosiddetto "velo" di colore rosso faceva parte del vestimento con cui Agata si presentò al giudizio, essendo questo, indossato su una tunica bianca, l'abito delle diaconesse consacrate a Dio. Un'altra leggenda vuole che il velo fosse bianco e diventasse rosso al contatto col fuoco della brace.

La Reliquia del Seno di Sant'Agata
Fra tutte le città italiane di cui sant'Agata è compatrona, Gallipoli e Galatina, in Puglia, sono coinvolte in una singolare contesa che vede come protagonista una reliquia di sant'Agata, la mammella. Una leggenda diffusa in Puglia spiegherebbe con un miracolo la presenza della reliquia a Gallipoli. Si dice che l'8 agosto del 1126 sant'Agata apparve in sogno a una donna e la avvertì che il suo bambino stringeva qualcosa tra le labbra. La donna si svegliò e ne ebbe conferma, ma non riuscì a convincerlo ad aprire la bocca. Tentò a lungo: poi, in preda alla disperazione, si rivolse al vescovo. Il prelato recitò una litania invocando tutti i santi, e soltanto quando pronunciò il nome di Agata il bimbo aprì la bocca. Da essa venne fuori una mammella, evidentemente quella di sant'Agata. La reliquia rimase a Gallipoli, nella basilica dedicata alla santa, dal 1126 al 1389, quando il principe Del Balzo Orsini la trasferì a Galatina, dove fece costruire la chiesa di Santa Caterina d'Alessandria d'Egitto, nella quale è ancora oggi custodita la reliquia, presso un convento di frati francescani.

L'Arca di Sant'Agata
Reliquie di Sant'Agata sarebbero venerate a Verona in una bella urna marmorea eretta nella cattedrale gotica, dopo che qui era avvenuta la pretesa scoperta, nel 1353, del corpo della santa catanese, per interessamento dell'arciprete Giovanni di Iorio Livio. Di questa invenzione, a detta del Bianchini, si troverebbe memoria in un vecchio martirologio della Cattedrale di Verona. Secondo Giovanni Mantese l'invenzione del corpo di Sant'Agata nella Cattedrale di Verona dovrebbe essere messa in relazione con il terremoto e le pestilenze che infuriarono negli anni 1347-1348. Giovanni de Surdis, vescovo di Vicenza, il 23 Aprile del 1362 chiese infatti al Papa un'indulgenza di cinque anni e cinque quarantene per tutti coloro che in particolari solennità avessero visitato, con le dovute disposizioni, l'altare di sant'Agata, il cui corpo era stato scoperto nel 1352 (ma sbaglia, anticipando di un anno la scoperta) nella Cattedrale di Verona. Se schiere di pellegrini accorrevano ad invocare la santa da Vicenza (il culto qui si estese fino a dedicare a sant'Agata anche la chiesa matrice di Arzignano) è da pensare che non meno dovessero essere devoti alla vergine catanese i veronesi che probabilmente ricorsero pure al di lei patrocinio per essere liberati anch'essi, in quei frangenti, della famosa peste nera. Il fatto stesso di trovarsi l'arca di Sant'Agata, nel presbiterio della principale chiesa cittadina (finirà nell'abside in capo alla navata destra solo alla fine del Quattrocento), assieme alle arche, allora pure emergenti, di sant'Annone e di papa Lucio III, dice da solo, con sufficiente eloquenza, dell'importanza che veniva attribuita alle reliquie in essa ospitate. (omissis)
fonte: "L'Arte Gotica a Verona - Testimonianze religiose" di Pier Paolo Brugnoli a cura di Stefano Gobbi