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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?


(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)





Durante i primi due secoli dell'impero la Sicilia aveva attraversato una fase di depressione, dovuta al sistema di produzione del latifondo, basato sul lavoro degli schiavi: la vita urbana aveva subito un declino, la campagna era deserta e i ricchi proprietari non vi risiedevano, come la mancanza di resti abitativi di un certo livello sembrerebbe indicare. Inoltre, il governo romano trascurava il territorio, che divenne luogo d'esilio e rifugio di schiavi e briganti.
La Sicilia rurale entrò in nuovo periodo di prosperità agli inizi del IV secolo, con gli insediamenti commerciali e i villaggi agricoli che sembrano raggiungere l'apice della loro espansione e della loro attività, Tracce di attività costruttive restano nelle località di Filosofiana, Sciacca, Punta Secca, Naxos ed altrove. Un evidente segnale di trasformazione è costituito dal nuovo titolo assegnato al governatore dell'isola, da corrector a consularis.
Le motivazioni sembrano essere duplici: anzitutto la rinnovata importanza delle province di Africa proconsolare e di Tripolitania per i rifornimenti di grano verso l'Italia, mentre la produzione egiziana, che aveva fino ad allora sopperito alle necessità di Roma, venne convogliata a Costantinopoli, dal 330 nuova capitale imperiale. La Sicilia assunse di conseguenza un ruolo centrale sulle nuove rotte commerciali fra i due continenti.
In secondo luogo i ceti più abbienti, di rango equestre e senatorio cominciarono ad abbandonare la vita urbana ritirandosi nei propri possedimenti in campagna, a causa della crescente pressione fiscale e delle spese che erano obbligati a sostenere per il mantenimento degli apparati pubblici cittadini. In tal modo inoltre i proprietari si occupavano personalmente delle proprie terre, coltivate non più da schiavi, ma da coloni. Considerevoli somme di denaro furono spese per ingrandire, abbellire e rendere più comode le residenze extraurbane, o ville. Tra queste si possono citare oltre alla villa del Casale, la villa del Tellaro
Nel sito della sontuosa residenza oggi nota come villa del Casale di Piazza Armerina, sorgeva un insediamento rustico, interpretato come fattoria, ma già dotato di un impianto termale, venuto alla luce in vari ambienti delle terme attuali della villa.
Tale primo insediamento è databile al primo secolo dell'era cristiana e dovette risultare distrutto o abbandonato nel primo decennio del IV secolo. Certamente non venne ricostruita una residenza uguale alla preesistente ma una più complessa domus, articolata nella pars dominica e nella pars rustica.
Tale abitazione, avente i connotati di abitazione privata con parti destinate a funzioni pubbliche, poté svilupparsi tra il 320 e il 350, con interventi edilizi e la realizzazione dell'apparato decorativo pavimentale e parietale, articolato in mosaici geoetrici e figurativi a terni mitologici, elogiativi, descrittivi e ricreativi e con un complesso apparato di concrezioni in marmo in alcuni ambienti e un sontuoso pavimento marmoreo, nell'ambiente della cosiddetta basilica.
La struttura distributiva della domus si articola attorno al peristilio e all'ambulacro detto della "grande caccia", che contiene la descrizione delle cacce in Africa e in Asia: a monte di questo, due appartamenti privati, divisi dalla basilica, luogo di funzioni pubbliche, in posizione dominante. A fianco e preceduto da un portico di forma ellittica, un triclinio monumentale triabsidato; lungo i fianchi del peristilio, appartamenti e sale delle dietae estiva ed invernale; un ingresso monumentale introduce dalla pars rustica alla domus e alle thermae.
Una simile complessa articolazione conferma un uso residenziale e pubblico della casa che risulta successivamente utilizzata come dimostrano interventi di restauro dei mosaici, avvenuti anche in età bizantina.
Attorno e sopra la domus si sviluppa un insediamento musulmano che verrà distrutto in età normanna, attorno alla seconda meta del XII secolo, pur mantenendo un limitato villaggio ormai subordinato come casale alla città di Piazza, in forte sviluppo e trasformazione nei siti attuali, dopo l'abbandono dell'antico sito del colle a sud ovest della attuale città. Infine nel XV secolo un villaggio rustico sorgeva ancora entro l'ambito della antica dimora ma le alluvioni successive ne cancellarono la memoria.
E' nel 1761 che vengono riferiti i primi notevoli ritrovamenti, segno della presa di coscienza dell'importanza antiquaria dei resti che Jean Houel disegna come "rovine di Gela vicino Piazza" durante il suo viaggio in Sicilia tra il 1772 e il 1776 e pubblicato nel terzo dei volumi del "Voyage Pittoresque des iles de Sicile, de Malte e de Lipari" e che rappresenta le parti sommitali crollate della porta monumentale di ingresso alla villa.
Una attiva salvaguardia del monumento ha inizio dal 1778 a seguito delle ordinanze per la salvaguardia delle zone archeologiche della Sicilia, mentre Saverio Landolina e il suo successore, il figlio Mario, alla carica di Regio Custode delle Antickta del Valdemone e del Val di Noto, testimoniano l'importanza del sito attraverso atti, che già dal 1804, dispongono vigilanza e tutela del sito.
Ancora nel 1808 il Console Generale del governo britannico Robert Fagan, ottiene una concessione di scavo in tutto il territorio dell'isola e svolge una campagna di scavo nella villa. Nel 1881 sarà il comune di Piazza Armerina ad avviare una campagna di scavo mentre è Paolo Orsi ad affidare a Rosario Carta lo scavo nella villa nel 1929. Dal 1935 al 1943 è datata la prosecuzione degli scavi e la acquisizione di gran parte dei terreni che darà luogo alla nascita di un mito della archeologia contemporanea che oggi più di 500 mila visitatori all'anno e che costituisce uno dei più rilevanti esempi di musealizzazione di un sito archeologico: un messaggio che proviene dal passato per la conoscenza delle culture diverse del mondo antico e del mediterraneo, carico di tutti i problemi che la conservazione e la fruizione comportano.