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" Se mala signoria che sempre accora i popoli suggetti, non avesse mosso Palermo a gridar 'mora! mora!' "
(Citazione dei Vespri dalla Divina Commedia di Dante)


Fortezza di Carlo V a Portopalo

In Sicilia, si andava sviluppando un forte malcontento nei confronti del governo angioino soprattutto per il trasferimento della capitale del Regno da Palermo a Napoli. Tale malcontento sfociò in una sommossa, nota come Vespri siciliani, che determinò la cacciata degli Angioini dalla Sicilia. Inizia così a Palermo, il 30 marzo 1282 la rivolta dei "Vespri Siciliani", che presto si estese in tutta la Sicilia. Il termine Vespro deriva dall'inizio all'ora appunto ?del vespro? il 31 marzo del 1282. Leggenda vuole che a scatenare la rivolta sia stato un soldato dell'esercito francese che si era rivolto in maniera irriguardosa ad una giovane donna accompagnata dal consorte. La reazione dello sposo, che ne conseguì rappresentò la scintilla che diede inizio alla rivolta. Altra la versione che si tramanda nella leggenda popolare e che l'ufficiale francese avrebbe toccato la fanciulla al fine di verificare se portava armi. La ragazza, che era in compagnia di genitori e fidanzato cadde a terra svenuta per quell'affronto. Un giovane che aveva assistito al fatto, trasse la spada dell'ufficiale e lo uccise con la sua stessa arma. Proprio in quel momento le campane suonavano i rintocchi dell'ora del vespro. Tutti i presenti gridarono unanimamente: "muoiano i Francesi!". Tale frase divenne tanto nota da suscitare in Dante i versi: "se mala signoria che sempre accora i popoli suggetti, non avesse mosso Palermo a gridar "mora! mora!"". Sicuramente, i palermitani esercitarono quella notte una vera e propria "caccia ai francesi", presto trasformatasi in una autentica carneficina. All'alba, la città di Palermo si proclamò indipendente. Nata come rivoluzione popolare, questa rivolta si trasformò in un movimento per l'autonomia municipale e divenne una contesa tra gruppi di baroni tedeschi e francesi per decidere le sorti del nuovo feudalesimo. Carlo I d'Angiò tentò in un primo tempo di sedare la rivolta con la promessa di numerose riforme ma, alla fine, decise di intervenire militarmente. Con 75.000 uomini e duecento navi, sbarcò a Messina il 25 luglio 1282 e diede inizio all'assedio della città. La città però non fu espugnata Nell'estate del 1282 un'assemblea di baroni e di rappresentanti della città chiede il soccorso di Pietro di Aragona, sposo di Costanza di Hohenstaufen, figlia di Manfredi. Gli isolani esprimevano così il desiderio di ritornare, alla dinastia sveva, di cui Costanza era depositaria. Aiutato da notabili siciliani Pietro, convinto di rivendicare i diritti di sua moglie, giunse a Trapani il 30 agosto del 1282 ed entrò trionfalmente a Palermo proclamandosi re di Sicilia. Carlo d'Angiò si ritira da Messina il 29 settembre facendo ritorno a Napoli e lasciando la Sicilia nelle mani di Pietro III. Con la guerra del Vespro inizia un lungo periodo di lotte che viene ricordato come la Guerra dei Novant'anni (1282-1372). Iniziata la guerra, la parte siculo-aragonese trova un capo militare di valore nell'ammiraglio Ruggero Laurìa, che coglie una vittoria decisiva contro le forze angioine nel giugno del 1283, nelle acque di Napoli. La dominazione aragonese fu accettata senza troppe riserve.
Pietro III d'Aragona, detto il Grande, sebbene accettasse che il regno si mantenesse separato, ignorò spesso i privilegi feudali. Nel 1285 morti i protagonisti della guerra (papa Martino IV, Carlo I d'Angiò e Pietro III d'Aragona) i Siciliani eleggono re Giacomo II d'Aragona, subendo così una scomunica inflitta da papa Onorio IV. Nel 1296 i Siciliani stessi non esitano a dichiarare decaduto il re (che si sta adoperando per restituire diplomaticamente la Sicilia agli Angioini) e incoronare suo fratello Federico III d'Aragona che concede il diritto di riunire il Parlamento dei baroni almeno una volta l'anno.Il lungo periodo di guerre tra gli angioini e gli aragonesi per il possesso dell'isola si concluderà soltanto nel 1302, quando Carlo II d'Angiò e Federico III d'Aragona, sottoscriveranno la pace di Caltabellotta che prevedeva l'affidamento della Sicilia a Federico. La sovranità di federico viene dunque riconosciuta ed egli diviene re di Trinacria con il nome di Federico II. La condizione della Pace prevedeva però che alla sua morte la corona sarebbe tornata agli angioini. Il trattato non viene però rispettato e il regno viene diviso in due parti: il tentativo di Carlo d'Angiò di fare del regno siciliano un perno per estendere la sua influenza sull'intera penisola, fallisce. Con la pace di Caltabellotta si era chiuso il I° periodo della guerra dei Novant'anni. L'Isola continua tuttavia ad essere contesa fra Angioini e Aragonesi, e la guerra continua sotto la monarchia di Pietro IV (1337-1342) e di Ludovico I (1342-1355). Nel 1347, con la pace di Catania si chiude il II° periodo della guerra dei Novant'anni. Gli Angioini rinunciano ancora una volta alla sovranità sull'isola; mentre i Siciliani si impegnano a non invadere il Regno di Napoli. La guerra continuerà fino al 20 agosto 1372, quando viene siglata la pace di Avignoneche conclude la guerra dei Novant'anni, segnando un distacco definitivo del Regno di Napoli dal Regno di Sicilia (una divisione che durerà fino al 1816 quando i Borboni unificheranno le due corone, fondando il Regno delle due Sicilie).
Alla fine del 1300 scoppia una guerra civile da parte dei baroni contro il Governo dei Quattro Vicari (le potenti famiglie Alagona, Chiaramonte, Peralta, Ventimiglia), per la detenzione del potere in nome della quindicenne Maria d'Aragona figlia del re Federico IV. Nel 1390 Maria, rapita dal castello di Catania, venne portata a Barcellona, dove sposò Martino il Giovane, figlio di Martino il Vecchio detto l'Umano.