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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?


(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)





Ritornando sulla via dell'Agorà, all'altezza di un incrocio con una strada trasversale (denominata "via Salinas"), ha inizio la principale zona pubblica della città. Qui la strada è interrotta da una soglia, che impediva l'accesso dei carri nell'agorà. Subito sulla sinistra è un importante complesso, identificabile con un santuario esclusivo della religione punica, il Tophet. E' un altare all'aperto che veniva impiantato solo nei centri che diventavano città con propria attività politico- amministrativa.
Esso si compone di due edifici distinti: il primo, più ad est (lungo m 20,50, largo 6,50), comprende tre ambienti non comunicanti, aperti sulla strada. Quello di sinistra rappresenta il nucleo dell'area sacra ed è caratterizzato da un altare costituito da uno spazio sacrificale all'aperto delle dimensioni di 2.00 x 2.50 m, dietro al quale si ergono tre stele aniconiche, a forma di parallelepipedi, i betili, tipici dei culti fenicio-punici.
Accanto ad esse è collocata una vasca per raccogliere il sangue degli animali sacrificati agli dei, come dimostra la superficie dell'altare inclinata verso la vasca.

In un primo momento i fenici sacrificavano i primogeniti delle famiglie più ricche ,successivamente venivano uccisi animali. ll mito del gigante antropofago Soleus (da cui deriverebbe il nome Solunto) lega probabilmente le sue origini ai sacrifici umani offerti dai fenici al dio Baal. Durante gli scavi intorno all'altare sono stati trovati ossa di maiali, cervi e di montoni.

I luoghi di culto punici si distinguono chiaramente dai templi greci: essi sono infatti i più eloquenti
testimoni della cultura punica degli abitanti di Solunto, mentre le altre tipologie architettoniche, come i monumenti pubblici e le case, sono fortemente condizionate dalle tradizioni dell'architettura greca.

A nord segue l'ambiente centrale, caratterizzato da una banchina a forma di Π("pi" greco) a due livelli estesa ai quattro lati, che veniva utilizzato durante le cerimonie di culto. Le stanze limitrofe erano ugualmente destinate ad uso sacro. Si tratta di un gruppo di nove ambienti sistemati su due livelli intorno ad un cortile nei quali sono stati rinvenuti oggetti votivi ed ossa di animali.
Nulla si può dire del terzo ambiente, molto rovinato.
Per l'articolazione planimetrica dell'edificio, posso essere istituiti utili confronti con il santuario punico del "Cappiddazzu" di Mozia e con l'area sacra edificata a Selinunte dopo la conquista cartaginese del 409a.C. . Tutto il complesso presenta numerosi rifacimenti fino ad età imperiale.
L'edificio retrostante (lungo m 20,50, largo 16) comprende nove ambienti, distribuiti su tre livelli. Dopo un grande cortile , terminante in un piccolo vano , forse destinato ad ospitare gli animali del sacrificio (vi si trovano degli abbeveratoi), segue il secondo ripiano, con cinque ambienti, il più importante dei quali è dotato di una banchina e di altari, ed era certamente destinato al culto: la terrazza più alta è occupata da un grande ambiente allungato , preceduto da un altro. la metà settentrionale di tale ambiente era coperta a volta. Vi si trova una cisterna ed una fossa, entro la quale è stato trovato un grande scarico di materiale votivo (pesi da telaio, arule di terracotta, ceramica) e moltissime ossa di animali sacrificati. Il deposito appartiene alla fase originaria dell'edificio (IV inizio del III secolo a.C.), che quindi è nato come luogo di culto. Vi si distingue una seconda fase, che dura sino ai primi due secoli dell'età imperiale. Non è impossibile che proprio qui fosse collocata originariamente la grande statua di culto trovata in questa zona nel 1825 (nella quale, più che una divinità greca, si deve riconoscere un Baal punico, rappresentato in forme ellenizzanti del II secolo a.C., ora al Museo di Palermo). Altri preferiscono pensare, come luogo di provenienza della statua, ad un piccolo edificio a due navate, prossimo al teatro.
Si trattava certamente di un santuario di grande importanza, come dimostrano le dimensioni e la prossimità alla zona pubblica principale della città (è possibile che vi fosse un altro santuario più a monte, in quella che probabilmente è anch'essa una zona pubblica). È particolarmente interessante che l'edificio di culto abbia conservato le sue forme orientali, in una città per il resto così profondamente ellenizzata.