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(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



Abbazia Santa Maria

Abbazia Santa Maria




A poche centinaia di metri prima di giungere all’abitato dalla strada provinciale, parallelamente al letto del torrente, sorge il complesso abbaziale basiliano di Santa Maria di Mili, fondato nel 1092 dal conte Ruggero il Normanno, ma sicuramente di origini bizantine, gioiello di inestimabile valore che Mili custodisce da quasi un millennio.
Il monastero di Mili, per la bellezza del luogo ove é ubicato e la ricchezza dei giardini e delle fontane, era ritenuto la più bella abbazia basiliana in Sicilia. La sua storia, per secoli, é stata anche quella del paese vicino che era sottomesso all’Abate, in qualità di barone di Mili. Essa era di Regio Patronato e, secondo il privilegio di fondazione del Gran Conte Ruggero il Normanno, possedeva tutti i territori delle vallate di Mili e Larderia (l’odierna III Circoscrizione del comune di Messina) e su di essi, all’origine, esercitava la propria giurisdizione religiosa, civile e penale.
L’Abbazia basiliana di Santa Maria ha attraversato, nei secoli dal XIII al XV, un periodo di decadenza, dovuto alle angherie di potenti nobili messinesi che, insediatisi nelle vicinanze, le avevano usurpato molte delle terre possedute fin dall’origine, per riprendersi economicamente nel XVI secolo con l’allungamento e l’ampliamento della chiesa fino a quando, nel 1542, l’imperatore spagnolo Carlo V la diede, insieme al villaggio di Mili San Pietro, allora Mili Superiore, in dotazione perpetua al Grande Ospedale di Messina, da poco fondato nella città dello Stretto.
Da allora le notizie storiche sull’Abbazia cominciano a scarseggiare, mentre la stessa vive un periodo di lenta e progressiva decadenza, soprattutto a causa dell’incuria dei gestori dell’Ospedale di Messina, i quali ne erano anche Abati commendatari e, come tali, esercitavano ogni diritto baronale sul paese e sul suo territorio, elevato a Baronia.
Per maggiori informazioni sulla chiesa normanna di S. Maria,visita web.tiscali.it/normannamili
Notizie storico-architettoniche generali
CupoleLa chiesetta di Santa Maria di Mili é una delle poche testimonianze normanne esistenti nella provincia di Messina (altri esempi si trovano soltanto a Itala e Casalvecchio sul versante ionico e, su quello tirrenico, a Frazzanò, sulle propaggini dei Nebrodi); infatti essa si ritiene fondata dal Gran Conte Ruggero intorno al 1091, sulla base della parte preliminare di un diploma di fondazione, firmato appunto nel dicembre di quell’anno, in cui l’augusto personaggio, dopo aver accennato al proposito di costruire templi cristiani o di restituire ad essi l’antico decoro, esplicitamente dice di aver già fatto costruire la chiesa ed il monastero in questione: “Igitur cum hoc in animo proposuissem... in territorio civitatis (Messanae) templum Sanctae Mariae Virginis aedificavi in fluvio nominato Mili et praenominato Abati Michaeli conventum ordinavi”; nella donazione é fatto il nome dell’abate Michele, che é indicato come il primo abate del monastero. Tuttavia é documentata l’esistenza di un cenobio basiliano in Mili, probabilmente su un’area coincidente con l’attuale, già in epoca bizantina, il quale sarebbe stato abbandonato dai monaci durante la tirannide musulmana.
Le proporzioni della chiesetta di Mili sono molto modeste, tanto che nel corso del cinquecento l’unica navata venne prolungata di circa un terzo e la traccia é chiaramente visibile nella soluzione di continuità che presentano i muri esterni laddove s’interrompe il partito ornamentale dell’antica costruzione con una profonda “ferita” nel muro delle facciate laterali.
Al complesso monastico, posto sulla riva sinistra del torrente Mili poco prima di arrivare, attraverso la strada provinciale, al paese di Mili San Pietro, si accede attraverso una scalinata, che dalla strada porta al torrente Mili. Già da quest'ultima é possibile godere della vista dell'intero complesso abbaziale immerso nel verde degli agrumeti, avente sullo sfondo le coste della vicina Calabria.
Alla fine della discesa, davanti ai nostri occhi si prospetta l'ingresso dell'abbazia, di epoca barocca: unarco sormontato dallo stemma basiliano e da una finta balconata con tracce di vivace policromia.
Il classico stemma dei monaci basiliani presenta al centro una colonna infuocata, che si rifà ad un sogno avuto da S. Basilio.
Oltrepassato l'arco d'ingresso ci addentriamo nel cortile interno dell'abbazia; sulla sinistra, separata da una serie di gradini si presenta la chiesetta del monastero, mentre sulla destra si estende l'impianto monasteriale rifatto nel 1700, come risulta da due scritte sul muro di cinta dell'abbazia, coronato da merlature di forma varia.

L'interno
L’interno, coperto da un soffitto ligneo ad orditura apparente, é di una desolata nudità: sull’unica navatasi aprono le tre arcate, leggermente acute, che motivano il breve presbiterio e, di queste arcate, quella centrale, formante l’arco trionfale, imposta su robusti pilastri; quelle laterali, più corte e più strette, per un lato impostano sullo stesso pilastro e per l’altro sui muri delle rispettive fiancate. Concludono le arcatetre absidi di cui soltanto quella centrale emerge all’esterno con il suo profilo semicircolare, mentre le due laterali restano incluse, a guisa di nicchiette strette ed alte, entro lo stesso spessore del muro. E’ una soluzione questa che si ritrova, oltre che nella precedente architettura del periodo bizantino, in numerosi altri monumenti dello stesso periodo normanno e anche più tardi (Chiesetta della Zisa e San Giovanni degli Eremiti a Palermo, Annunziata dei Catalani in Messina, ecc.). Degli archetti aggettanti, impostati sugli angoli tra l’arco trionfale e il muro dell’abside e i due archi laterali, sostengono, in una scenografia comune alle altre chiese basiliane del periodo, la cupola maggiore e le due cupolette minori, su cui si aprono delle finestrelle ad arco allo scopo di dare luce al presbiterio. Questa concezione della cupola mostra già chiari segni di un gusto che é più vicino a quello arabo, data la predilezione per le superfici compatte, tendenti a definire uno spazio chiuso e geometricamente definibile, tipico dell'architettura islamica specie del territorio nordafricano. Dal punto di vista strutturale questo sistema cupolato si distacca dal sistema bizantino dove la cupola, poggiando per mezzo di pennacchi direttamente su pilastri crea un senso di dilatazione spaziale di effetto, si può dire, opposto a quello ottenuto qui, dove lo spazio tende a restringersi sprofondando verso l'alto e dove la cupola che si imposta sul muro tangente l'abside non crea una soluzione di continuità tra le due strutture, ma le pone in una posizione di stretta relazione.Particolare
Questa impostazione richiama la concezione costruttiva di alcune coeve moschee nordafricane dove la cupola che si apre sul muro tangente il "mihrab" serve per dare ad essa luminosità e sottolinearne l'importanza.
Su di una trave del soffitto, che per una parte é certamente antico (ma nessuna delle mensole fa pensare ad epoca normanna), si legge la data MCCCCCXI: Nel 1511 la chiesa ha subito un prolungamento della navata, come si può tuttora rilevare dal distacco esistente nella muratura interna ed esterna; pertanto la facciata appartiene a quest'epoca, quando probabilmente il soffitto ha anche subito una sopraelevazione, per cui la copertura a tegole all'esterno, emergendo con maggiore accentuazione, altera un po' la proporzione dei volumi.
Abbiamo detto che la chiesa é ad unica navata, ma non é certo che questo fosse l’ordinamento originario e non piuttosto il risultato dei rifacimenti che numerosi ebbe a subire la costruzione. Si vede nell’interno una enorme quantità di mattoni rotondi, lisci da un lato e solcati dall’altro che ben avrebbero potuto formare le colonne delle navate originarie; resta poco chiara la funzione di un occhio, seminascosto dall’ultima incavallatura sul muro del grande arco che divide navata e santuario.
La navata presenta un'apertura sul pavimento per la quale, attraverso una scalinata, si accede ad unacripta sotterranea. Essa si compone di due piccole stanze nelle cui pareti sono situate delle piccole nicchie: in esse venivano lasciati i monaci, defunti, ad essiccare. Le suddette nicchie, dodici in tutto, sono collegate da un sistema particolare che permette il confluire dei liquidi organici all'interno di due piccole vasche, dalle quali vengono assorbiti dal terreno.

L’esterno
La facciata esterna presenta un coronamento in stile barocco con due pinnacoli ai lati e un preziosoportone cinquecentesco in legno incorniciato da un portale marmoreo con al centro un tondo incassato con mediorilievo, raffigurante la Madonna col Bambino. Ai due lati, due fregi nell'architrave. A sostegno dell'architrave i due stipiti, che terminano con mensole a doppia voluta. Di fianco agli stipiti due lesene con capitelli tipici del tardo cinquecento, formati da due delfini e un mascherone centrale. Le due lesene sorreggono una fascia superiore con cornicione aggettante e, agli estremi, due testine d'angelo.
Lasciata la facciata frontale della chiesa ci accostiamo, attraverso il cortile interno dell'abbazia, al lato meridionale della chiesa che presenta nella parte superiore una serie di finestre, alternativamente cieche e aperte a rincassi mentre, la parte inferiore é delineata da una fascia di archetti intrecciati in laterizi originati da lesene e con, al centro, una porta.
Questo lato presenta la drastica interruzione, dalla parte tangente con la facciata della chiesa, dovuta all'ampliamento avvenuto nel 1500; un'altra interruzione é dovuta ad un edificio posteriore, appartenente al complesso monastico, che si addossa sulla fiancata della chiesa.
Nella decorazione della parte superiore delle fiancate, l’arco in mattoni, sovrapposto all’arco che motiva le finestre, ricorda quello che nei monumenti ravennati il Ricci ebbe a chiamare “arco sopracciliare”, per il risalto fra le due ghiere: nel caso particolare, però, l’arco esterno ha una conformazione “a testa di chiodo”, originata dalla risega determinata dall’uso di appoggiare durante la costruzione le centine sui piedritti che restano per tal via in risalto. Si tratta di un sistema costruttivo largamente praticato dalle maestranze romane e non ignoto a quelle siciliane dell’alto Medioevo.
Nella parte inferiore delle fiancate il partito decorativo é formato da archi originati da lesene che in alto si incrociano, così come nella chiesa di San Pietro di Itala e dei Santi Pietro e Paolo d’Agrò e in altre della Calabria. Manca, o é molto limitato nella chiesetta di Mili, il ritmo coloristico che é accennato nella chiesa di Frazzanò e che caratterizza gli altri monumenti; l’impiego del mattone é infatti limitato alla zona delle finestre, con l’alternanza di coltello e di piatto (archivolti e piedritti), ai doppi archivolti della porta, alle lesene ed agli archetti dell’abside e delle fiancate. Va infine notato che le lesene e gli archi della fiancata meridionale sono stati largamente rimaneggiati; si può finanche sospettare siano il risultato di una interpretazione dei restauratori, mentre quelli della fiancata opposta, un po' rovinati, fanno pensare ad una diversa e più complessa concezione dei soliti archi incrociantisi, ottenuta facendo sormontare corde di archi ribassati su due vertici consecutivi di archi acuti, che vengono ad arieggiare l’incrocio di archi leggermente trilobati.
Continuando a percorrere il cortile ci portiamo sul retro della chiesa per osservare l'abside centrale che ha dello spettacolare: essa presenta una superficie curva decorata da archetti pensili ed appaiati nascenti da lesene, motivo questo di origine esarcale e largamente adoperato nell’architettura protoromanica, ma del tutto eccezionale nei monumenti siciliani e calabresi.
Le absidi delle chiese di rito bizantino, considerata la funzione sacra a cui sono adibite, secondo le disposizioni della teologia orientale devono essere rivolte sempre verso Est, il punto dove sorge il sole, sinonimo della luce divina. A Mili, l'abside della chiesa é rivolta verso Nord-Est. Caratteristico é il fatto che il sole nel suo percorso, dall'alba al tramonto, la illumina in ogni suo lato. I primi raggi (la primizia della luce) sono riservati all'abside e alle cupole, zona culmine della sacralità dell'edificio ecclesiale, continua poi con il lato meridionale, segue la facciata frontale; infine, verso il tramonto, viene illuminato il lato settentrionale.
Particolare
All’esterno si manifestano in senso trasversale - ed é questo l’elemento più tipico della costruzione - tre piccole cupole emisferiche di diverse dimensioni che emergono su tamburi ottagonali anch’essi non molto alti; se quello del centro non raggiunge l’altezza dei cupolini laterali é solo perché, stando gli archi laterali interni in rapporto al centrale quasi come uno a tre, le cupolette laterali risultano proprio minuscole.
Infine il lato settentrionale é visibile o dalla strada comunale oppure da una porta all'interno della chiesa che si apre su questo lato, situata sulla sinistra del transetto e che conduceva a quella che era la sacrestia della chiesa, dove si trovano ancora un lavamani in pietra incassato nel muro e le aperture sul pavimento delle catacombe, in cui, tra gli altri, venne sepolto il figlio del Conte Ruggero, Giordano, morto nel 1092. Esso presenta la stessa costituzione del lato meridionale ,con le decorazioni ad archi originate da lesene che in alto si incrociano nella parte inferiore, in quella sovrastante la serie di finestre alternativamente cieche e aperte a rincassi. In fondo alla sacrestia, sull’ultimo ambiente, doveva elevarsi la torre del monastero che fungeva sia da torre campanaria che da punto di avvistamento: non dimentichiamo che la chiesa di Mili, così come tutte quelle basiliane, sorgeva in un punto altamente strategico e di controllo sulla via che, percorrendo il torrente Mili fino alle sue sorgenti e scavalcando il crinale dei monti Peloritani, scendeva sul versante tirrenico verso Rometta, dove l’accesso era regolato dal castello della piccola ma ben difesa cittadina.
 



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