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(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



Chiesa Madre Santa Maria Assunta

Chiesa Madre Santa Maria Assunta




La chiesa dedicata a Santa Maria Assunta, comunemente detta Santa Maria Maggiore e collocata nella parte alta del paese ai piedi del colle dominato dal castello, costituisce l'edificio religioso principale del paese. L'anno della sua fondazione resta sconosciuto, anche se gli storici ritengono che essa possa risalire alla metà del XI secolo, epoca normanna, e che successivamente fosse stata ampliata dalla Contessa Adelasia di Adernò, nipote del Gran Conte Ruggero, consorte di Rinaldo dell'Aquila e signora di Polizzi.
La costruzione venne ingrandita in epoca spagnola, sotto i Ventimiglia in stile gotico e varie volte rimaneggiata nel corso dei secoli con rifacimenti che si susseguirono nel corso degli anni in particolare nel 1620, profondamente modificata nel 1690, nel 1764, anno in cui venne diroccata, fino alla parziale riedificazione del 1794. I caratteri originali normanni sono riconoscibili sotto il cinquecentesco portico laterale, nella finestra lunga e stretta e nell'antico portale denominato di «San Cristoforo» risalente al Trecento.
Fu nel Quattrocento, dopo il passaggio della città al demanio regio, che la Matrice iniziò ad arricchirsi di opere commissionate dai nobili del luogo, che purtroppo sono andate perdute in seguito ai rifacimenti che si sono susseguiti negli anni. Il progetto della riedificazione fu affidato all'architetto gangitano Gandolfo Bongiorno che cambiò il prospetto della chiesa modificandone l'aspetto originario e venne anche abbattuto l'antico campanile. L'impianto interno è di tipo basilicale a tre navate suddivise da pilastri con capitelli e archi a sesto acuto. Giurati, nobili, confraternite hanno contribuito ad arricchirla dopo il passaggio al demanio regio dotandola di cappelle, coro, organo, il Crocifisso e la cona grande, polittico realizzato da Antonello Crescenzio.
L'esterno si presenta in tutta la sua bellezza e maestosità caratterizzata dal portale già citato, dall'ampia scalinata d'accesso e dai possenti campanili angolari. Sulla porta d'ingresso sono poste La Strage degli Innocenti e Il Martirio dei Diecimila Martiri, opere di Johannes de Matta, rispettivamente tempera e olio su tela, ambedue collocabili nel quarto decennio del 1500.

Navata destra
Prima campata: In prossimità dell'ingresso è collocato il fonte battesimale, manufatto marmoreo attribuito a Giorgio da Milano, l'opera rinascimentale reca sull'esterno della conca raffigurate in rilievo l'Annunciazione, la Natività, l'Adorazione dei Magi, il Battesimo di Gesù. Le pareti delle prime campate sono impreziosite da dipinti, fra essi la tela di Giuseppe Salerno, lo «Zoppo di Gangi», raffigurante la Natività del Signore e Trionfo dell'Eucaristia del (1616 - 1617), opera proveniente dalla chiesa di San Giuseppe, commissionata della Confraternita del Santissimo Sacramento.
Seconda campata: Dipinto.
Terza campata: uscita laterale destra sul portico.
Quarta campata: L'arcata ospita la cantoria e l'organo a canne.
Quinta campata: Dipinto.

Transetto destro
Cappella di San Gandolfo. L'ambiente custodisce parte del quattrocentesco sarcofago in marmo, opera commissionata dai Giurati di Città e dal Procuratore della Cappella a Domenico Gagini nel 1482, per conservare le spoglie del Santo patrono di Polizzi oggi collocate nella spettacolare urna d'argento,conservata all'interno del Tesoro. La lastra tombale di copertura raffigura la figura giacente di San Gandolfo, nella predella sono raffigurati gli Apostoli con Maria Vergine, quattro angeli e le scene della Predica nella matrice per la Quaresima, il Trasporto dell'Arca, la Venerazione dei fedeli, scolpite attorno al cuscino. Documentata una Ultima Cena, bassorilievo marmoreo realizzato dallo stesso autore. L'Urna di San Gandolfo è opera degli argentieri Andrea Di Leo, Nibilio Gagini, Giuseppe Gagini, Giovanni Zuccaro, realizzata tra il XVI e XVII secolo su incarico dei Giurati e dell'Università di Polizzi nel 1549, con successivi interventi su una preesistente cassa di legno del 1320. Il primitivo involucro è interamente rivestito da lamine d'argento, suddiviso in nicchie intervallate da paraste, contenenti le statuette degli Apostoli, San Francesco d'Assisi, Sant'Antonio di Padova e l'Annunciazione. Il mezzobusto sormonta il manufatto caratterizzato dalle pregevoli fattezze del volto argenteo di San Gandolfo, opera magistrale di Nibilio Gagini.
Altra espressione del rinascimento è il Trittico marmoreo di Bartolomeo Berrettaro e Giuliano Mancino realizzato con la collaborazione di Francesco del Mastro. Attente analisi suggeriscono l'intervento di Antonello Gagini nella realizzazione delle fattezze del realistico Poverello. L'opera raffigura la Vergine con bambino tra San Francesco d'Assisi e Sant'Antonio di Padova, commissione nel 1524, proveniente dalla chiesa di San Francesco. Di Bartolomeo Berrettaro l'ancona marmorea e tutte le formelle dell'arco riproducenti episodi della vita di S. Francesco e S. Antonio da Padova, che fanno da splendida cornice al gruppo marmoreo predetto.

Presbiterio
Numerose opere di grande pregio sono custodite all'interno della chiesa, tra le quali spicca un quattrocentesco (1498 c.) trittico fiammingo attribuito a Rogier de la Pasteur, artista fiammingo, allievo di Robert Campin, conosciuto con lo pseudonimo di Rogier van der Weyden.
E' ritenuto il più bel quadro fiammingo di Sicilia ed è un olio su tavola di rovere (cm. 162 x 237) che raffigura nel pannello centrale la Vergine ammantata di rosso con il Bambino sulle ginocchia, intento a scorrere un libro, seduta su trono sotto un baldacchino, affiancata da quattro angeli musicanti, due per parte.
Nei pannelli laterali vi sono due Sante Vergini raffigurate con gli attributi del loro martirio, a sinistra S. Caterina d'Alessandria con la spada e un libro, a destra S. Barbara con la palma e accanto la torre dove venne rinchiusa. I tratti delle figure sono di commovente bellezza, di una serenità soprannaturale, sullo sfondo una natura paradisiaca.

Navata di sinistra
A sinistra la cappella Notarbartolo con notevoli monumenti funebri in stile rinascimentale e barocco, tra cui quello dello storico polizzano G. B. Caruso, e quello di Vincenzo Notarbartolo (1516), costituito dal sarcofago vero e proprio e dall'arco di coronamento colla Vergine, il Bambino e due figure allegoriche, attribuito a Giuliano Mancino. Pregevole anche una Madonna con Bambino (in marmo) di Domenico Gagini e collaboratori (1473).

Transetto sinistro
Dirimpetto al Trittico Fiammingo, un altro trittico molto importante è quello detto "della Visitazione", realizzato da Johannes de Matta(1519). L' opera, tempera e olio su tavola, affascina per l'imponenza e l'effetto cromatico di insieme e proviene dalla chiesa di Santa Maria Lo Piano o di Santa Maria del Gesù dei frati dell'Ordine dei frati minori osservanti extra moenia(nel '500 titolata a Santa Maria della Visitazione, già consacrata a Santa Maria del Soccorso).
Raffigura la "Visitazione della Vergine a S. Elisabetta tra i SS. Anna e Zaccaria". Nella predella gli Evangelisti, il compianto sul Cristo morto e Giuseppe d'Arimatea; nell'architrave i profeti Davide, Geremia, Daniele, e Mosè, i quattro dottori della Chiesa e la Natività. Nella lunetta l'Assunzione della Vergine.

Altare
Sull'altare maggiore è ubicata la statua della Vergine del 1508, realizzata da Giuliano Mancino, che faceva in origine parte di un polittico che fu successivamente smontato e di conseguenza disperso. Di rilievo sono anche le opere di scuola gaginesca e di artisti come Giuseppe Salerno, Bartolomeo Berrettaro, Francesco del Mostro e Filippo Quattrocchi.
Absidiola destra: Cappella del Santissimo Sacramento o Cappella di San Giuseppe. Nell'ambiente è documentata la Custodia del Sacramento, manufatto commissionato a Giorgio da Milano dalla Compagnia del Sacramento nel 1496. L'opera fu realizzata e completata in tempi successivi da Bartolomeo Berrettaro, Pier Paolo di Paolo Romano, Luigi di Battista, infine decorata da Johannes de Matta. Raffigurava la Trasfigurazione di Cristo, i profeti Mosè e Elia in posa genuflessa e gli Apostoli. Il Cristo Trasfigurato dopo il disastroso disassemblaggio del 1764, assieme ad altre figure è stato collocato all'esterno della facciata nel portico, più tardi, nell'attuale cappella. I Profeti sono stati inseriti nei pilastri del cappellone, le figure degli Apostoli confinate in un magazzino.Dei tanti episodi biblici riprodotti, le tre scene raffiguranti la Cena Eucaristica, il Bacio di Giuda e la Resurrezione di Cristo, furono incastonate sulla parete del portico.
Absidiola sinistra: Cappella del Santissimo Crocifisso. Nell'edicola di raffinato altare è incastonato un monumentale reliquiario sul quale risalta un Crocifisso della prima metà del XVII secolo di ignoto scultore (si presume del Giambologna), sulla mensa sono disposte alcune statue lignee attribuite a Filippo Quattrocchi.

Altare maggiore
Cona grande, polittico realizzato da Antonello Crescenzio e documentato per l'altare maggiore ovvero una macchina con sculture marmoree e lignee, di cui si conserva soltanto la predella con gli Apostoli posta in sagrestia e due figure superstiti raffiguranti San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista, opere documentate nel museo Alessi di Enna. Questa, come tante altre opere, fu disassemblata e quasi interamente distrutta in seguito ai rifacimenti che si susseguirono nel corso degli anni, questa in particolare nel 1620 quando fu ampliata l'abside e nel 1764, anno in cui fu smantellata per ingrandire gli ambienti posti dietro l'altare maggiore.
Sull'odierna sopraelevazione è ubicata la statua della Vergine del 1508, realizzata da Giuliano Mancino, che faceva in origine parte di un polittico che fu successivamente smontato e di conseguenza disperso.
Prezioso ornamento all'Altare Maggiore il ricchissimo baldacchino (dossale) di damasco rosso, broccati in oro e seta, proveniente dalla Chiesa di S. Francesco.

Tesoro
1549, Urna di San Gandolfo, manufatto opera degli argentieri Andrea Di Leo (1549), Nibilio Gagini (1579), Giuseppe Gagini (1610), Giovanni Zuccaro (1632) ed altri.
1586, Prezioso Ostensorio d'argento, opera di Nibilius Gagini del 1586. Un grande nodo ottagonale al centro del fusto, con nicchie dove si collocano le figure dei quattro Evangelisti e dei Padri della Chiesa; più su l'animata prospettiva del Cenacolo, sorretto da venti graziose colonnine, con le figure di Cristo e degli Apostoli, seduti insieme a mensa, e sovrastati da quattro angioletti bellissimi sul davanti e altri quattro al di dietro... Infine la bellissima urna sepolcrale ovoidale a spicchi sovrastata dal Risorto a tutto tondo, di concezione manieristica elevatissima, così come straordinari i fregi della base romboidale" (V. Abbate).
L'ostensorio, dalle notevolissime dimensioni (cm. 160 di altezza), è considerato un autentico capolavoro di Nibilio Gagini per l'originalità, l'armonia e la bellezza delle forme architettoniche e la perfezione e l'eleganza dei fregi.

Va inoltre ricordato il pregevole organo settecentesco.


Scheda illustrativa [Fonte: Associazione Culturale Natfolia]
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