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::Tonnara di Capo Granitola a Campobello di Mazara » Storia

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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?

(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



Tonnara di Capo Granitola

Tonnara di Capo Granitola




Si ipotizza che a Capo Granitola abbia operato, in età greca e/o romana, uno stabilimento per la lavorazione e conservazione del tonno analogo a quelli rinvenuti a San Vito Lo Capo e a Capo Passero. Le cavità perfettamente squadrate, chiamate "pirreredda" (piccola cava), somigliano infatti tanto ai resti delle vasche ("taricheiai" per i greci, "cetariae" per i romani) in cui, grazie alla funzione antisettica del sale, si realizzava la macerazione del pesce (tonno incluso) al fine di ottenerne una prelibata salsa da condimento ("garon" per i greci, "garum" per i romani) conservata in panciute anfore di terracotta.
Più verosimile pare la congettura secondo cui, sempre in età antica, in considerazione del ruolo centrale che la città di Makkarà (Mazzara) ebbe sotto la dominazione araba (827-1060), Capo Granitola, allora detta "Ras el Belat", abbia ospitato una tonnara retta da una consorteria di pescatori siculo-arabi.
Che quella zona fosse congeniale per intercettare i tonni diretti verso l'Atlantico, lo si sapeva già prima che il barone Adragna impiantasse la sua tonnara a Capo Granitola nel tardo ottocento.
Lo stesso nome che questi aveva posto alla sua impresa - "Tonnara Tre Fontane" - faceva da eco alla storia di una tonnara, forse "spenta" già allora, che aveva a lungo operato più a est, tra Tre Fontane e Triscina, in una località detta "Mirazza" o "Arvulazzu".
Atti notarili dell'inizio del XVII e dell'inizio del XVIII secolo testimoniano l'esistenza di tonnare su quel litorale, e, rispettivamente, della tonnara di Torre Polluce (presso Selinunte) e di quella, già citata, di Tre Fontane. Sul finire del Settecento, il marchese di Villabianca, nel suo manoscritto sulle tonnare di Sicilia, censisce una tonnara - ancor oggi di difficile identificazione - che "lavora nè mari della costa delli Gigli".
Potrebbe riferirsi alla "costa delli Gigli", il sabbioso lungomare che da Punta Granitola prosegue fino a Marinella di Selinunte, un tempo lontani dalla fase di dominazione araba della Sicilia (827-1060) ma nulla porta ad escludere che prima delle testimonianze notarili vi sia stata una qualche storia di tonnare nella zona di Capo Granitola anche se la posizione geografica si offriva agevolmente all'approdo di pirati).
Nel tardo Ottocento il barone Adragna di Trapani ottenne in concessione, con decreto del Ministero della Marina, una porzione di mare per calare gli ordigni da pesca e di costa per realizzare il "marfaraggio", cioè la struttura deputata ad accogliere le relative attrezzature.
L'impianto di Granitola mutuò il suo nome da un più antico sito di pesca del tonno esistito sin dall'inizio del XVII secolo in una limitrofa località: si chiamò, dunque, "Tonnara Tre Fontane". E' probabile che in loco si effettuasse anche la salagione delle eccedenze di tonno pescato.
Dopo lo sbarco alleato, nel 1944, un altro esponente della "talassocrazia" trapanese, Attilio Amodeo, diede all'impianto la dignità di stabilimento industriale vero e proprio, facendo costruire lungo la costa imponenti e razionali strutture deputate ad accogliere operai, custodire barcareccio ed attrezzature da pesca, ospitare la lavorazione e conservazione sott'olio del tonno.
La costruzione dei fabbricati durò qualche anno.
Intorno alla metà degli anni sessanta le cave di Favignana facevano ancora parte dell'indotto economico della tonnara torrettese: ad ogni stagione di pesca l'estrazione di nuovi conci di tufo da utilizzarsi come "chiummu" (piombo) per le reti era commissionata ai "pirriaturi" (cavatori) dell'isola egusea; successivamente, l'evoluzione del trasporto su strada fece emergere la condizione insulare di Favignana come fattore economico-logistico negativo per cui si trovò più conveniente fare arrivare il tufo dalle vicine Pirrere di San Nicola, il cui sfruttamento industriale iniziava proprio in quegli anni. La denominazione di "Tonnara Tre Fontane" fu conservata anche sotto la proprietà Amodeo, riportata nell'inscatolamento del tonno.
L'impostazione grafica dell'etichetta è alquanto singolare ed eloquente: su uno sfondo rosso (come il sangue del tonno), incorniciati tra due fasce ottonate, si stagliano tre loghi: al centro una vasca liberty con tre sifoni, a sinistra un cerchio in cui è inscritto un faro che getta il suo fascio luminoso su un veliero all'orizzonte; a destra, infine, un altro cerchio in cui si distingue una metafisica struttura costituita da un'arcata semi-diroccata che emerge dal mare e sorregge cinque fumaioli di tonnara.
La simbologia è spiegata dalle didascalie che sovrastano ciascuno dei loghi e cioè, nell'ordine: "Tre Fontane", la "marca depositata", "Capo Granitola", il luogo di pesca e lavorazione, Trapani, il distretto produttivo cui afferiva la tonnara, da cui proveniva il suo stesso proprietario e gran parte del personale impiegato.

Fonte: www.capogranitola.it




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