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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?

(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



Palazzo Baronale o Castello di Spadafora

Palazzo Baronale o Castello di Spadafora




Da originaria torre medioevale a settecentesca residenza nobiliare.
Il Maniero fortificato sorge nella marina dell'attuale Comune di Spadafora, in Provincia di Messina. Nel 1459 territorio del Marchesato di S. Martino, appartenuto ai feudatari Spadafora, i quali erano Marchesi di S. Martino, ed al tempo stesso Principi di Venetico, di Maletto, Marchesi di Roccella.

Quando, intorno al 1583-84, l'architetto fiorentino Camillo Camiliani (Camigliani o Camilliani) viaggia per i litorali della Sicilia in compagnia del capitano Giovan Battista Fresco per

"[...] riconoscere insieme la circonferenza del Regno e descriverla in carta, specificando tutte le Cale, e i luoghi dove siano le Torri e i Porti maritimi, e dove si designerà fare altre Torri seguendo il principio dato dal Cavaglier Tiburtio"

su ordine della Deputazione del Regno di Sicilia, la zona costiera di Spadafora è probabilmente ancora spopolata. Non esiste un nucleo urbano e l'unico complesso edificato di una certa importanza è costituito da una torre difensiva con annesso fondaco (il fondaco, dall'arabo funduq, era un posto di sosta e ristoro per viandanti e carrettieri, ubicato lungo le grandi vie di comunicazione e di attraversamento del territorio).Nel libro I della sua "Descrittione delle Marine del Regno di Sicilia", Camiliani così descriveva la torre di Spadafora con annesso fondaco:

"Ma più avanti circa mezo miglio si trova la punta et fondaco di Spadafora, la onde v'è la torre molto comoda a discoprire quelle marine, però s'è designato farsi la sopra di guardia et accomodarla nel modo che si vede nel disegno".

A quell'epoca esisteva solo il feudo di San Martino, già agglomerato urbano ben definito in epoca sveva e acquistato nel 1457 da Federico Spadafora. Bisognerà arrivare al 1757, con Guttierez (Gualtiero) Spadafora Ruffo, per vedere sorgere la "Terra di Spadafora", su un territorio distinto dal marchesato di San Martino e con propria caratterizzazione urbanistica e conformazione fisica (Vito Amico, infatti, che scriveva nel 1757, definiva Spadafora"piccola terra [...] di recentissima fondazione".

La torre difensiva, della quale abbiamo accennato, forse sorta alla fine del '400 e voluta dagli stessi Spadafora per controllo della marina e protezione di uno spazio di lavoro, che il Camiliani rileva e riporta in un disegno manoscritto facente parte di una serie di 304 tavole ritrovate a Torino da Marina Scarlata, a nostro avviso è proprio il nucleo centrale del Castello di Spadafora, bastionato in seguito a posteriori informazioni.

Il disegno, acquerellato, fa parte (insieme agli altri)della descrizione manoscritta che Camiliani elaborò nel 1584, a conclusione del suo incarico. Egli era subentrato al senese Tribuzio Spannocchi che nel 1577 era stato incaricato dal Vicerè del Regno di Sicilia, Marcantonio Colonna, di "[...] remediar a las ynvasiones de corsarios, y sacra descripciòn de todo el Rejno de Sicilia" nel 1578, dove progettò un sistema difensivo composto da 123 torri da edificare, 62 esistenti da ristrutturare e adeguare e 24 castelli reali esistenti nelle città costiere e nelle marine.



Nelle tavole eseguite dal Camiliani, unite al libro II della sua "Descrittione delle torri marittime del regno già fatte, e di quelle, che di nuovo convengan farsi per la corrispondenza de' segnali de' fumi e fuochi, incominciando dalla città di Palermo e piegando verso Ponente, in circuito d'esso regno", un disegno rappresenta la torre a piana quadrangolare di Spadafora in vista assonometrica, contornata dalle basse strutture del fondaco con copertura a falda e porticato antistante che ne connota ancora meglio la funzione.

Sulla sommità della torre, l'architetto toscano disegna in tratteggio la sua proposta di variante; l'ampliamento in altezza con l'inserimento di due bertesche angolari provviste di feritoie. Tali garritte avevano, con ogni probabilità, la funzione di proteggere il torraro quando accendeva i fuochi di segnalazione (fani).

Camiliani, anzi, precisa: "[...] dalla punta del Salce (Salice, Casale del Comune di Messina) alla torre di Spadafora ci sono miglia sette e mezo. Questa torre congiunta al detto fondaco, si come il suo disegno dimostra per esser quasi nel mezo della spiaggia infra Melazzo et la punta del Salce sopradetta, mi par essere a proposito per servirsene per la rispondenza dei segnali. Per il che mi parrebbe necessario alzarla tanto quanto la proportione del suo disegno dimostra, acciocchè più comodamente si possa scoprire tutta quella marina, et anco più verificamente porgere i degnali de' fumi et fuoghi a tutte le parti intorno, et i casali et terre, che a quella fronte si trovavano con più prestezza saranno avisati a quella, che dalle da piè et da cavallo, che sisogliono mandare, oltrechè ne risulterà sparagno et alleggerimento di tante guardie che a quel lido si mandano.".

Un intervento sull'esistente, quindi, quello del Camiliani, e, comunque, non sulla globalità dell'architettura del castello come oggi si vede. Non trova riscontro perciò, a nostro avviso, l'attribuzione a Camiliani del progetto della costruzione dell'edificio fortificato attuale, così come asserito da Alba Drago Beltrandi (non sappiamo sulla scorta di quali fonti), e quanto affermato da Giuseppe Bellafiore ("Il Palazzo Baronale degli Spadafora, con quattro speroni angolari, fu eretto alla fine del sec. XVI su progetto di Camillo Camiliani quale fortezza costiera contro escursioni barbaresche e fu poi adibito a dimora signorile").

Lo stesso Camiliani, inoltre, nel suo manoscritto non fa alcun cenno alla costruzione del castello. Castello che dovette poi assumere l'attuale configurazione presumibilmente verso la metà del Seicento, sui canoni stilistici e decorativi di un manierismo attardato cui è estranea la partecipazione del Camiliani.

Una data, 1687, graffita all'interno del portale d'ingresso, secondo Pippo Pandolfo, studioso di storia locale, "[...] è presumibilmente riferita alla messa in opera della porta, ma potrebbe anche indicare la data di costruzione o di ristrutturazione del castello stesso [...]", che, nel 1705, è descritto dall'ingegnere Giuseppe Formenti "[...]con quattro baluartillos pequenos [...]" ("quattro piccoli baluardi") e, quindi, nella conmformazione che mantiene ancora oggi.

Sugli spigoli della medievale torre difensiva con fondaco, vennero innestati così quattro bastioni scarpati, anacronista applicazione tardiva di quel sistema "bastionato italiano" che ebbe la massima diffusione nell'architettura del primo '500 (basta esaminare la pianta del castello in un rilievo eseguito da ingegneri militari austriaci fra il 1821 ed il 1823, per rendersi ampiamente conto di questo inserimento "a forza" posteriore che non lega con gli spigoli della struttura muraria medievale, i cui spessori sono superiori a quelli dei bastioni). Baluardi la cui caratteristica forma a cuneo e con due facce sporgenti rettilineeil cui compito era quello di dividere le forze nemiche d'assalto e deviare i proiettili dell'artiglieria pesante.

Ma, nel castello di Spadafora, essi perdono quasi completamente questa funzione difensiva, divenendo semplici elementi decorativi: frutto,oseremmo dire, del "capriccio manieristico" del proprietario, spinto a tal punto da far applicare, sulle pareti dei bastioni e della torre, una serie continua di "pietre da balestriere" tipiche della difesa medievale cosiddetta "all'arma bianca", e questo in un'epoca nella quale le artiglierie avevano raggiunto un alto livello di potenza offensiva. Ma le incongruenza tipologiche, funzionale e strutturali, non si fermano qui: un castello bastionato infatti, per sua natura adatto alla cosiddetta "difesa passiva", non può avere un così alto numero di aperture (finestre e balconi) che ne indeboliscono enormemente l'efficacia militare in presenza di attacchi nemici.

Risulta, così, chiara l'evoluzione morfologica del castello di Spadafora: un'originaria torre medievale a pianta quadrata, riadatta dal Camiliani per la difesa e la segnalazione costiera alla fine del '500, ulteriormente fortificata con l'aggiunta di bastioni nel secolo successivo, trasformata infine in residenza nobiliare nel '700, forse da quello stesso Guttierez Spadafora le cui insegne araldiche, insieme al Branciforte, Moncada, Ruffo e Gatto, si associano nello stemma che sormonta il portale bugnato d'ingresso al castello, a testimoniare la supremazia di una famiglia dalle antiche ed alte tradizioni nella nuova "Terra di Spadafora".

Oggi, il castello di proprietà della Regione, è tornato a nuova vita dopo i restauri della Soprintendenza ai Beni Culturali di Messina, e ancor più per essere al centro di numerosi eventi culturali che vedono impegnati l'Amministrazione comunale di Spadafora che ne ha il comodato d'uso, e la "Pro Loco".

Nino Principato


Tratto da "Margine Esterno" Mensile di vita e cultura

Approfondimenti
Recenti narrazioni, hanno mascherato la vera palingenesi della famiglia dei Principi di Venetico, condensando in una famiglia appartenente al Ramo di Policastrello, portante ancora il cognome Spadafora, il vissuto appartenente a sei Rami costituenti la famiglia Spadafora. E' necessario quindi chiarire l'estraneità del Ramo di Policastrelli nelle vicende storiche del Principato di Venetico S. Martino Spadafora. Infatti, fu Muzio Spadafora Branciforte, Principe di Venetico ad avere iniziato a popolare il Borgo circostante il proprio Castello sito a Spadafora, fu Deputato del Regno e morì nel 1720. Gli successe il figlio Domenico Spadafora Gaetani, Cavaliere di Gran Croce del Sovrano Ordine Militare di Malta. Questi morì prematuramente il 3 Luglio 1754 a Venetico ove fu sepolto, così come avvenne per la moglie Caterina Moncada Platamone, morta cadendo da cavallo a Spadafora nell'Ottobre del 1773. Successero i loro figli rimasti orfani Federico e Muzio Spadafora Moncada. Ma per essi subentrò una tutela giudiziaria per la minore età dei due fratelli, oltre che per le condizioni fatue del primogenito Muzio. Amministratore della tutela dei Feudi tra cui Venetico e San Martino fu nominato Guttierez Spadafora Ruffo Li Calzi, Principe e Marchese di Policastrelli, erede della Baronia di San Pietro (Milazzo). Alcuni Autori, confusi dall'omonimia del cognome "Spadafora", oltre che dalla parentela tra le due famiglie, hanno attribuito al Duca o Principe Guttierez Spadafora la costituzione del Borgo attorno al Castello di Spadafora. Si precisa che questo Principe di Policastrelli, che non era Duca, nel corso della tutela poteva esercitare solo l'ordinaria amministrazione. L'attribuzione d'avere popolato il Borgo attorno al Castello sito nell'attuale Spadafora, pertanto è errata. Il Borgo popolato dal Principe e Marchese di Policastrelli, Guttierez Spadafora Ruffo Li Calzi, nel 1737, al quale molti hanno fatto spesso riferimento, era infatti la Baronia di San Pietro delli Currìì o delli Carriaggi (Milazzo), che all'epoca in cui apparteneva al Principe Onofrio Spadafora Rigoles (ossia Principe di Mazzarrà, Duca e Barone di S. Pietro li Currìì), era denominata "Spadafora". Tant'è che il De Spucches in "Storia dei Feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia" al Vol. 7°, Quadro 1047, Pag. 445, riferisce quanto già indicato da Di Marzo a proposito del matrimonio di Muzio Corrado Onofrio Spadafora Branciforte, figlio del citato Guttierez, avvenuto in località "Spadafora", ossia la Baronia San Pietro di Spadafora, ad indicare che apparteneva a quella famiglia. Citazione, che non è da riferirsi all'attuale Città di Spadafora, pur se dall'epoca fascista in poi c'è chi ha equivocato nei riferimenti, usando in modo improprio la terminologia, e determinando confusione tra il Ramo di Policastrelli ed il Ramo di Venetico, avente il medesimo cognome "Spadafora".Federico Spadafora Moncada, Principe di Venetico e Maletto, Marchese di San Martino e di Roccella, maggiorenne, ottenuta la revoca della tutela continuò a popolare l'area circostante il Castello nella marina. Sposò Eleonora Colonna Ventimiglia ed ottenne il conferimento del Cavalierato del Sovrano Ordine di Malta il 25 Aprile 1798. La Croce del Sovrano Ordine di Malta, visibile sino a qualche anno addietro nella cappella all'interno del Castello sito a Venetico Superiore (ME), è stata rubata insieme al pregevole portale in pietra di epoca medioevale.




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