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Castello dei Naselli di Aragona - Comiso
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::Castello dei Naselli di Aragona a Comiso » Storia

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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?

(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



Castello dei Naselli di Aragona - Comiso

Castello dei Naselli di Aragona - Comiso




Già alcuni documenti del XIII - XIV sec.si parla del castello di Comiso, e si descrive come “...feudum Comisi cum aliis fortiliciis et edificis...”, quindi già prima della fine del Trecento Comiso era cinta di solide mura per tutto il perimetro, e aveva torri e castello con antistante fossato.
Detto comunemente "palazzo del conte" questa signorile, fortificata dimora, posta al centro della piccola città che la circonda,sui pendii orientali del monte Belvedere, fu innalzata sopra gli avanzi di un antico maniero che si vuole appartenuto a Giovanni Chiaramonte, per acquisto da Berengario de Lubera. Smentendo tale ipotesi, lo Stanganelli sostiene invece, con buoni argomenti, che la Comiso appartenente ai Chiaramonte sarebbe stata quella della Val di Mazara e non questa in Val di Noto. Approfittando infatti di tale equivoco pare che Bemardo Cabrerà, nel 1392, sarebbe riuscito ad ottenere da re Martino l'inclusione nella contea di Modica, a lui assegnata, di questa città anziché dell'altra dei Chiaramonte spogliati dal re di tutti i loro beni. In tal caso il Cabrerà, con l'astuzia e la frode, l'avrebbe usurpata a Federico Speciario, castellano del tempo. Nel 1453 circa, il castello fu venduto a Pariconio Naselli, barone della Mastra, il cui lontano discendente Gaspare Naselli venne creato conte di Comiso da re Filippo I di Sicilia, nel 1571. In successive eredità, sul 1812, pervenne a Baldassare Naselli Galletti conte di Comiso e principe di Aragona. Della parte più antica del castello, al quale un tempo si accedeva da un ponte levatoio, rimane oggi una torre cilindrica, chiamata "fossa", nonché due portali ogivali e la interessante porta ferrata a grosse bugne del 1400, mentre la grande torre quadrata non sarebbe anteriore al 1575. Nei lugubri sotterranei si trova una «sinistra» porticina dalla quale venivano tirati fuori i corpi dei giustiziati che vi precipitavano dall'alto attraverso un trabocchetto. Il terribile terremoto del 1693, che tanta distruzione arrecò alle Valli di Demone e di Noto, fece crollare il piano superiore del castello ad eccezione della torre. I lavori per restaurarlo continuarono fino agli inizi del Settecento, ma la trasformazione a palazzo signorile si ebbe quando nel marzo del 1729, arrivò in visita, dimorandovi per qualche tempo con tutto il seguito, il viceré Cristoforo Fernandez de Cordova, che compiva un giro di ispezione alle fortezze dell'isola. Grandi lavori vennero eseguiti al castello dove egli avrebbe preso dimora assieme a tutto il seguito. Al tempo dei Borboni il castello rimase abbandonato finché, nel 1841, una parte di esso venne trasformato in teatro comunale. Al castello è associata la leggenda detta «del conte assediato», la quale narra di un conte Naselli che, assediato assieme al popolo nel castello, allontanò il nemico applicando il noto stratagemma di farsi credere ricco di provviste.
Una grande quantità di ricotta sarebbe giunta infatti, miracolosamente, in seguito ad una apparizione del patrono S. Biagio che in una fredda notte, mentre lo sconsolato castellano vagava per le buie sale, lo avrebbe confortato e consigliato di gettarne gran parte fuori le mura. San Biagio,infatti, rassicurò il conte dicendogli che la penitenza sarebbe finita se egli avrebbe digiunato e seguito un suo consiglio: doveva fuggire attraverso un canale sotterraneo e, uscito in aperta campagna, avrebbe incontrato un pastore dal quale avrebbe dovuto acquistare delle ricotte, che, tornato al maniero, avrebbe dovuto gettare sugli assedianti. Il conte, essendo un uomo pio, seguì il consiglio del santo, e avvenne come era stato predetto: il conte si mise a buttare quelle ricotte a una a una. Al che, avendo persuaso i nemici dell'impossibilità di prendere la torre per fame, li indusse a togliere l'assedio. Così il castello e il paese furono salvi. Ai giorni nostri il castello è di proprietà della Famiglia Nifosì, discendente dai baroni di Canalazzi, che attualmente ancora lo abita.
L’edificio comprendeva una pinacoteca che custodiva due dipinti di Guido Reni, “Il ratto di Proserpina” e “Il ratto d’Europa” andati poi perduti a causa della non curanza dei signori locali. Nel lato est del castello troviamo la parte più antica: un battistero dedicato a san Gregorio Magno, con resti di affreschi di epoca bizantina e risalente intorno all'anno mille; di forma ottagonale, il battistero, alla sommità diventa di forma cilindrica ed si completa con un elegante cupola. La parte nord del castello è caratterizzata da un'elegante trifora serliana, meglio conosciuta come Loggetta, che richiama lo stile cinquecentesco eche presenta pareti affrescate con paesaggi e voli di uccelli; questa loggia fu aggiunta al castello nel 1728, su progetto del genovese Michelangelo Canepa. Sono altresì presenti due portali ogivali, di cui uno è chiuso da una massiccia porta ferrata a grosse bugne risalente al 1400;una splendida fontanella inserita nella parete e risalente al Cinquecento attribuita al Gagini o alla sua scuola; un fusto di fontana del 1600 circa, in pietra locale riccamente scolpito, conservato nel cortile interno.
Recentemente una parte del Castello viene occupata dalla Biblioteca comunale, già uffici della pretura la restante parte dalle suore dell’orfanotrofio, mentre nella parte bassa vi si trovava il carcere mandamentale.




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