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Festa Sante Spine della Corona di Cristo-Gratteri
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::Festa delle Sante Spine della Corona di Cristo a Gratteri » Storia

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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?

(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



Festa Sante Spine della Corona di Cristo-Gratteri

Festa Sante Spine della Corona di Cristo-Gratteri




Gratteri detiene indubbiamente un tesoro d’inestimabile valore religioso: quattro Spine della corona di Cristo. Esse sono custodite in un prezioso reliquario d’argento, finemente cesellato e sigillato.
è notizia abbastanza certa che esse, sin dal secolo XIII, hanno avuto a Gratteri culto e particolare devozione. Di quest’inestimabile tesoro ne parlano diversi storici d’indubbia fama e serietà.
Esse furono personalmente portate da Gerusalemme dal conte Ruggero d’Altavilla, il quale, insieme al padre Tancredi, aveva preso parte alla prima crociata.
Il Pirri, il Fazello, l’Auria, il Passafiume, il Carandino e il patrizio cefaludese Alessandro Bianca, concordano tutti sul fatto che fin dai tempi dei Normanni si venerano a Gratteri queste sacre Spine, ma vi è qualche dissenso circa il numero di esse, generando in tal modo qualche confusione.
Tuttavia B. Carandino, sacerdote e storico modenese, vissuto a Cefalù intorno al 1570, testualmente afferma “che le cinque sacrate Spine della corona di Gesù Cristo dal re Ruggero nell’anno 1097 furono personalmente portate da Gerusalemme e donate alla sua Chiesa prediletta (Cefalù); e che tre di esse furono poi rapite e sottratte, queste furono poi trasportate nella terra di Gratteri come al dì d’oggi esistono e si venerano in quella maggiore chiesa”.
Della confusione di cui prima è responsabile il Pirri, secondo il quale le Spine a Cefalù non erano cinque, ma tre di cui una solamente fu sottratta “...extorquere vellent, uti antea una ex tribus sacris Spines Jesum...”.
Il Carandino invece chiarisce l’equivoco in cui è incorso il Pirri: “...delle quattro Spine che si conservano a Gratteri, una, che poi non è intera, fu personalmente regalata a don Pietro Ventimiglia, barone di Gratteri nell’anno 1580, dal vescovo di Cefalù, Francesco Gonzaga, dei nobili di Mantova”. Le Spine sono effettivamente tre e mezzo.
Nel 1648, il barone don Lorenzo Ventimiglia e la consorte Maria Filangeri fecero erigere a loro spese, in onore delle Sante Spine, un sontuoso altare in marmo ed una robusta custodia in ferro che fu collocata nella loro cappella privata, della Matrice Vecchia, all’interno del perimetro del castello. Ai lati della custodia erano sistemati due angeli (sfortunatamente non pervenutici), uno orante in ginocchio e l’altro recante il blasone di Gratteri, raffigurante una colomba che beve in una fonte, con intorno la scritta: “Tuere Nobile Gratterium”.
Sia l’altare che la custodia si trovano attualmente nell’apposita cappella delle SS. Spine nella Chiesa Madre.
Sin dai tempi più antichi se ne celebra la festa la prima domenica di maggio, con grande solennità me devozione. Si dice che la scelta di tale data sia stata suggerita dal rinvenimento della reliquia che dei forestieri avevano rubato proprio la notte innanzi.
Nel 1835, i decurioni di Gratteri, con una loro precisa disposizione, assegnavano in perpetuo che il Comune di Gratteri, in occasione di quella festa, dovesse quattro onze all’anno.
Fino al secolo scorso le chiavi della custodia, non si sa in virtù di che cosa, venivano conservate presso la Cattedrale di Palermo ed ogni qualvolta bisognavano, un messo, munito di regolare permesso, doveva recarsi a piedi a prelevarle. In occasione di calamità naturali, quali il vento di scirocco e la siccità, era devozione del popolo gratterese - e ciò fino a pochi anni fa - d’esporre le Sante Spine per propiziare il Signore onde facesse cessare tali flagelli.
Non vi è dubbio che ancor oggi il culto verso questa reliquia viene mantenuto in somma considerazione, dato che è la seconda festività per ordine d’importanza dopo quella del Patrono. è tradizione, infatti, che i gratteresi, ovunque sparsi per il mondo, ogni fanno a gara nell’inviare il loro obolo affinché si festeggi con la dovuta convenienza, questa festività, alla quale sovente non possono assistere.
La somma devozione verso le Spine è testimoniata da un libello, ritrovato da Isidoro Scelsi, intitolato “Coroncina e lodi in onore delle S.S. Spine”, compilato nel 1916 da Mons. Gioacchino de Maria e P. Filippo Lapi, mentre entrambi si trovavano a Palermo, richiamati alle armi.



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