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S.Antonio da Padova e convento dei Frati Minori Cappuccini
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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?

(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



S.Antonio da Padova e convento dei Frati Minori Cappuccini

S.Antonio da Padova e convento dei Frati Minori Cappuccini




La chiesa venne costruita fuori le mura, nella parte settentrionale della città che guarda verso Messina, presso l’antica chiesa di Santa Caterina d'Alessandria (1400), dai monaci dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini che arrivarono a Taormina nel 1559.
L’interno della chiesa ha conservato lo stile semplice delle costruzioni cappuccine.
Nel lato destro, fino al 1964 vi erano 3 altari minori. di cui il primo, che era dedicato a Santa Maria Maddalena, venne demolito per dar posto ad un confessionale, ed è rimasto un quadro, pittura ad olio, di autore ignoto, raffigurante la santa ex-peccatrice.
Il secondo altare è intitolato a Sant’Antonio da Padova ed accoglie la statua del santo; fra il confessionale e l’altare del santo portoghese, c’è nel muro la tomba di Filippo Sigismondo Lib. Barone de Weittershausen, capitano dell’esercito tedesco, morto nella battaglia di Francavilla di Sicilia, combattuta nel giugno 1719 fra spagnoli e tedeschi per il possesso dell’isola.
Il terzo altare è dedicato alla Madonna, e in un quadro ad olio di autore ignoto, sono rappresentati la Vergine Maria col Bambino Gesù, e inginocchiato davanti a loro c’è S. Felice da Cantalice (Aquila) che stringe al petto dei candidi gigli, mentre in alto aleggiano degli angeli sorridenti.
A destra dell’altare maggiore c’è un piccolo pulpito ligneo a cui si accede per una scaletta incassata nel muro.
L’altare maggiore è di legno ed è sovrastato da un grande quadro ad olio, in cui sono dipinti, in alto, la Madonna col Bambino Gesù, che hanno a destra Sant’Anna e a sinistra S. Giuseppe; sotto aleggiano due angeli, di cui quello a sinistra offre al Bambino Gesù la città di Taormina; ancora sotto sono raffigurati S. Caterina d’Alessandria, accanto alla ruota con cui fu suppliziata, e S. Pancrazio, Patrono di Taormina, vestito con i paramenti vescovili, sul lato sinistro, mentre a destra vi sono S. Francesco d’Assisi genuflesso ed il suo amico prediletto S. Domenico in piedi.
Questo quadro fu dipinto dal frate cappuccino Padre Umile da Messina intorno al 1646, il quale rappresentò
S. Pancrazio sotto le sembianze del Padre Bonaventura Arcidiacono da Taormina, che per 5 volte fu Ministro Provinciale dei Cappuccini e che mori nel 1646.
Ai lati di questo grande quadro sull’altare maggiore vi sono, a destra, il quadro raffigurante Santa Chiara d’Assisi, e a sinistra quello di S. Antonio da Padova.
Il Tabernacolo dell’altare maggiore porta la data 1780, incisa sulla porticina, e accanto a questo altare c’è una tomba con questa epigrafe: “Qui giace Giovanni Zuccaro Calanna, nato il 22 gennaio 1805 e morto il 30 ottobre 1864”.
La chiesa dei Cappuccini è ad una sola navata, ma nel lato sinistro si aprono tre cappelle intercomunicanti, che formano come una seconda nave minore.
La prima cappella custodisce sopra l’altare un Crocifisso, a cui fa da sfondo un dipinto con la Vergine Addolorata ed il discepolo prediletto S. Giovanni evangelista; in alto sono raffigurati i misteri dolorosi: l’orazione di Gesù nell’orto di Getsemani, la flagellazione, la coronazione di spine, la salita al Calvario, mentre il quinto mistero è rappresentato dal Crocifisso miracoloso.
Si racconta, infatti, che nel 1780 ci fu una terribile eruzione dell’Etna, con scosse telluriche ed una grande siccità, per cui questo Crocifisso fu portato in processione penitenziale, con generale concorso del popolo, del clero e dei magistrati.
Partita dai Cappuccini, la processione giunse davanti al monastero delle Suore Penitenziali Canosiane di S. Maria di Valverde, in piazza Badia, da dove, dopo prediche e preghiere, ritornò al luogo di partenza.
Il rito ottenne la grazia invocata e l’Etna si placò, e la pioggia cadde copiosa per più giorni, ponendo fine alla grave siccità che aveva colpito anche Taormina.
Gli anziani del popolo dissero allora che anche durante l’eruzione del 1693 il vulcano si era placato dopo una processione penitenziale con lo stesso miracoloso Crocifisso.
Nel pavimento di questa prima cappella c’è un ossario comune, la cui botola non reca alcuna iscrizione.
Sopra la porticina di comunicazione fra la prima e la seconda cappella c’è un quadro che raffigura tre frati cappuccini, due dei quali sono i beati Agatangelo da Vendome e Cassiano da Nantes, francesi, che furono martirizzati in Africa il 7 agosto 1638.
Nella seconda cappella c’è un altare di legno dedicato al Bambino di Praga, mentre prima era intitolato alla Vergine Bambina; pure in questa cappella c’è nel pavimento un ossario comune, sulla cui apertura c’è incisa la data 1596, e quindi siamo a 45 anni dopo la venuta dei Cappuccini.
C’è pure una tomba, la cui lapide reca questa iscrizione: “Sebastiano Melita, nato a Gallodoro nel 1810 e morto a Letojanni il 3 maggio 1881 “.
La terza cappella è intitolata a S. Lorenzo martire, e nel quadro posto sopra l’altare è rappresentato il santo che ridà la vista ad un cieco, mentre tutt’intorno c’è questa iscrizione
“B. Laurentius caecos illuminavit et thesauros Ecclesiae dedit pauperibus” cioè il Beato Lorenzo diede la vista ai ciechi e distribuì ai poveri i beni della Chiesa.
In cima all’arco a tutto sesto che sovrasta l’altar maggiore c’è questa invocazione: “Rogate ergo Dominum missis”, cioè, ordunque pregate Dio con le messe.
Entrati in chiesa, sopra il portale c’è il soppalco in cui è alloggiato l’armonium e in cui prende posto il Coro durante il pontificale con messa solenne, e al quale si accede attraverso una scala a chiocciola di ferro posta a sinistra, mentre a destra entrando c’è infissa nel muro una piccola acquasantiera di marmo rosso di Taormina.
Dal centro del soffitto ad intonaco scende un bel lampadario di vetro di Murano.
La segrestia della chiesa è situata dietro l’altar maggiore e si accede ad essa attraverso una porticina a sinistra dell’altare.
La lapide della tomba del capitano tedesco, che è sovrastata dal suo stemma baronale, è epigrafata in latino ed il testo è il seguente: “Hic iaeet Ill. D. Philippus Sigismundus Lib. Baro de Wettershausen, Capitaneus cx ìnelyto regimine pedest. Com.tis de Diesbach Gràlis ad servitia sac.ae Caes.regiaeqe MTTIS. Obyit ex vulnere accepto die 16 Xbr : Ad: 1719. Requiescat in pace”, cioè, qui giace l’illustre don Filippo Sigismondo Lib, Barone di Wettershausen, capitano nel nobile esercito del generale de Diesbach al servizio delle sacre regie milizie dell’imperatore.
Mori per le ferite nportate il 16 dicembre dell’anno 1719. Possa riposare in pace.




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