Ove son or le meraviglie tue O regno di Sicilia? Ove son quelle Chiare memorie, onde potevi altrui Mostrar per segni le grandezze antiche?
(Dal Fazello - Storia di Sicilia, deca I,lib. VI,cap.I)
Massaria Vaccarizzo
La Masseria Vaccarizzo, sita nella contrada omonima è sorta agli inizi del 1600 intorno ad una torre quadrangolare di origine medievale, costituisce un valido esempio di quelle strutture economico sociali che sorsero già a partire dal 1200, come centri di produzione agricola nel territorio dell’isola strettamente legate alle sue condizioni ambientali e storiche.
Essa costituisce non solo il simbolo del latifondo ma anche la testimonianza della cultura materiale rurale per il ruolo storico che ha assunto nelle varie fasi delle trasformazioni delle strutture fondiarie e del paesaggio agrario siciliano, configurandosi pertanto come bene di notevole rilevanza etno-antropologica e storica.
Era il cuore della vita socio-economica che dal settecento pulsava nel nostro territorio e e si estendeva ben oltre esso. Era la fucina delle attività agricole che si svolgeva prima sui feudi della locale baronia e poi sui vasti territori del latifondo, venutisi a creare dopo il 1812. La masseria era il fulcro, il centro di diramazione del lavoro di centinaia e centinaia di braccianti e di contadini senza terra: vendemmia, mietitura, raccolta delle olive, ogni attività ruotava attorno alla masseria di Vaccarizzo. Poca cosa era il provento che i contessioti ottenevano dai due feudi di Serradamo e Contesse, seppure coltivati intensivamente, rispetto al fabbisogno della comunità stanziatasi a fine Quattrocento alle pendici di Brjgnat.
Alfonso Cardona non cedette i due feudi agli arbëreshë perché era un benefattore. Li dette in quanto una volta stanziatisi all'interno della baronia essi -per sopravvivere- avrebbero dovuto prestare lavoro a suo beneficio anche su tutti i feudi ricadenti nella baronia e non solamente negli insufficenti due feudi concessi in enfiteusi.
Da Vaccarizzo si diramavano trazzere e gravitavano greggi che sostavano in altri aggregati di case rurali adibiti al ricovero delle mandrie, simboli di quella civiltà agricolo-pastorale che ha caratterizzato la vita delle genti di Sicilia e di gran parte della popolazione arbëreshë, venuta ad abitare in queste zone disabitate e lontane dai centri portuali.
Attorno a questi luoghi, la masseria capoluogo e le mandrie della baronia prima e poi del latifondo, ruotava la vita modesta, spesso misera e faticosa del pastore, del bracciante, del massaro, del piccolo “burgisi”; una vita che perň si nutriva di echi di storie vere tramandate dai padri che via via diventavano sempre più lontane nel tempo fino ad apparire mitiche, di avvenimenti ora lieti e ora dolorosi, di momenti talvolta tragici di rivolta, di episodi epici di difesa dai briganti, di soggezione spesso costante alla prepotenza mafiosa lungo tutta la permanenza del latifondo.
All’interno della masseria si trovano numerosi beni mobili testimonianza della tradizionale struttura produttiva che riguarda l’oleificazione ed in parte il processo di produzione del vino.
Nel 1990 con decreto dell’Assessore regionale dei beni culturali ed ambientale la masseria è stata dichiarata di importante interesse storico ed etnico-antropologico.