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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?

(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



Il Castello di Maredolce

Il Castello di Maredolce




Il castello di Maredolce, sorge nel parco reale della Favara (dall'arabo al-fawwãra, "fonte che ribolle"), nel quartiere di Brancaccio. a Palermo.
Il parco venne edificato nel 1071 per volere del re Ruggero II e fu una delle residenze del re normanno, che secondo il primo riferimento testuale sull'esistenza dell'edificio, il "Chronicon sive Annales" di Romualdo Salernitano avrebbe riadattato ai suoi scopi un palazzo preesistente, appartenuto all'emiro kalbita Ja'far che regnò sull'Emirato di Sicilia dal 998 al 1019 durante la sua fase più prospera.
Il palazzo, impropriamente detto "castello", faceva parte di una cittadella fortificata situata alle falde di monte Grifone, probabilmente racchiusa entro una cinta di mura, che oltre al palazzo comprendeva un hammam e una peschiera.
Nell'arco dei secoli il castello subì dai Normanni e dagli Svevi delle modifiche e fu trasformato in fortezza. Nel 1328 fu ceduto ai frati-cavalieri teutonici della Magione, che lo trasformarono in un ospedale. Nel 1460 la struttura fu concessa in enfiteusi alla famiglia siciliana dei Beccadelli di Bologna e nel XVII secolo diventò di proprietà di Francesco Agraz, duca di Castelluccio: la trasformazione in azienda agricola era ormai completa.
Verso la fine del XIX secolo il castello divenne proprietà di due importanti famiglie: Conti e Castellana, originarie rispettivamente di Palermo e di Vicari. La strada ove è ubicato il castello venne dedicata al proprietario di allora: il cavaliere Salvatore Conti, vicesindaco di Palermo. Oggi, la medesima prende il nome di via Emiro Giafar, in ricordo dell'emiro Ja'far il Kalbita.
Il castello di Maredolce appartenne alla famiglia Castellana sino al secondo dopoguerra. Ne conseguì poi un progressivo degrado ed abbandono frutto anche delle numerose forme di abusivismo che si susseguirono nel corso dei successivi decenni.
Nel 1992 la Regione Siciliana ha acquisito per esproprio l'edificio e iniziato i lavori di restauro tramite la soprintendenza nel 2007. A dispetto dei restauri curati dalla Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Palermo, ancora nel 2016 alcuni locali adiacenti al Castello risultano occupati e abitati abusivamente, impedendo la corretta fruizione del bene, che non è visitabile se non in rare occasioni particolari.
Il palazzo, per volere di Ruggero II, venne circondato da un lago artificiale (da cui deriva il nome Maredolce), che lo cingeva su tre lati, ed era immerso in un grande parco, dove Ruggero II si dilettava nella caccia.
L'intera area si estendeva per circa 40 ettari, l'attuale estensione è di circa 25 ettari, notevolmente ridotta dalla forte urbanizzazione e dall'abusivismo del quartiere.
Il bacino, che aveva al centro un'isola di circa due ettari di estensione con palme e agrumeti raggiungibile solo in barca, venne ottenuto grazie a una diga composta da blocchi di tufo, che interrompeva il corso della sorgente del monte Grifone.
Tutto il complesso era circondato da lussureggianti giardini.
Nel XVI secolo la sorgente si prosciugò, e la peschiera divenne una fertile area agricola, ancora oggi esistente.
Il parco della Favara si trova oggi ai margini di un quartiere di periferia, in parte intatto nella superficie originale, quasi al confine est della città di Palermo, all'interno del quartiere Brancaccio; la speculazione edilizia si è fermata ai margini del bacino artificiale, che raccolgono ancora una piccola parte delle acque. Il parco includeva il baglio Chiazzese.
Romualdo Guarna, arcivescovo di Salerno, descrive nella sua cronica del mondo come re Ruggero fece asportare tantissima terra per formare il bacino artificiale sulle cui rive fece costruire un bellissimo palazzo.

«[…]le delizie della terra e delle acque, in un sito che dicesi Favara che è pieno di carità, [Ruggero II] fece un bel lago artificiale nel quale ordinò che fossero riposti pesci di ogni natura e di varie regioni […]. E fece pure innalzare, all'interno del parco, un palazzo al quale, attraverso sotterranee condutture, giungessero acque biglietti da fonte.»

(Romualdo II Guarna)
Il palazzo ha pianta quadrangolare, e possiede al centro un cortile molto spazioso, dotato in origine di un portico con volte a crociera, del quale rimane solo qualche traccia. L'esterno è formato da blocchi di tufo con arcate a sesto acuto. Nel lato non bagnato dal lago artificiale si aprono quattro entrate, due delle quali portano alla grande Aula regia e alla Cappella palatina.
La chiesa dei Santi Filippo e Giacomo o Cappella Palatina a Maredolce è menzionata nel 1274 in un diploma contenuto nel tabulario della Cappella Palatina oggi custodita presso la sede della "Catena" e "Gancia".
Ambiente di forma rettangolare ad una sola navata coperto da due volte a crociera, con transetto sormontato da cupola semisferica.
La struttura dell'adiacente ?amm?m è dal XIX secolo inglobata in una palazzina, ed è riconoscibile con difficoltà.

Il giardino
Il parco intorno al palazzo ed alla peschiera era un giardino caratterizzato da numerose specie arboree (in particolare agrumi ed altri alberi da frutto) corsi d'acqua ed animali esotici, secondo il modello dei giardini islamici africani e spagnoli dell'epoca, ed in particolare simili ai giardini Agdal di Marrakech, caratterizzati da frutteti ed acqua. L'acqua, vitale per le piante e simbolo di purificazione e rinascita, costituiva l'elemento centrale in un giardino concepito come una riproduzione del paradiso coranico.
«Favara dal duplice lago, ogni desiderio in te assommi: vista soave e spettacolo mirabile. Le tue acque si spartiscono in nove rivi; o bellissime diramate correnti! Dove i tuoi due laghi si incontrano, ivi l'amore si accampa, e sul tuo canale la passione pianta le tende. Oh splendido lago delle due palme e ostello sovrano circondato dal lago. L'acqua limpida delle due sorgenti sembra liquide perle e 1a distesa intorno al mare. I rami dei giardini sembrano protendersi a guardare i pesci delle acque, e sorridere. Il grosso pesce nuota nelle limpide acque del parco, gli uccelli cinguettano nei suoi verzieri.»
('Abd al-Rahman al-Itrabanishi) Il lago artificiale, purtroppo nei secoli si è prosciugato, ma sono ancora presenti tracce di numerosi sentieri in terra battuta sui quali i precedenti proprietari erano soliti fare lunghe passeggiate.
Le sorgenti principali che alimentavano il bacino artificiale sono state captate dall'acquedotto comunale, appena a monte dell'Autostrada A19 che segna il confine meridionale del parco. Nel 2011 è stato reso fruibile per la prima volta in età moderna grazie all'intervento del FAI.
Ha ricevuto il prestigioso Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino XXVI edizione, 2015 .
Il parco della Favara faceva parte di un sistema di residenze reali di delizia, i Sollazzi Regi, che godettero del massimo splendore sotto re Guglielmo II: la Cuba Sottana oggi Castello della Cuba, la Cuba Soprana (oggi Villa Di Napoli) con annesso padiglione della Cubola, entrambi all'interno di un ampio bacino lacustre artificiale contornato da vegetazione; il Castello della Zisa, e infine il Castello dell'Uscibene. Questo sistema di residenze ad Est delle mura della città e che impressionava molto i visitatori, fu denominato Jannat al-ward ("Il giardino - o Paradiso - della terra o delle rose): il Genoardo.




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