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::Chiesa di Santa Caterina di Alessandria a Termini Imerese » Storia

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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?

(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



Chiesa di Santa Caterina di Alessandria

Chiesa di Santa Caterina di Alessandria

Via Zammitti,6
Piantina



La costruzione della chiesa potrebbe risalire nella prima metà del quattrocento, ossia al periodo in cui cominciò a consolidarsi il dominio spagnolo in Sicilia e fu avviata la costruzione o la ricostruzione di un numero considerevole di chiese dopo le distruzioni causate dalle guerre contro gli angioini.
L'arciprete don Vincenzo Solito,però, la fa risalire la costruzione della chiesa intorno al 1508:"ne medesimo tempo fu ornata la città di Termini di due belle chiese, una dedicata alla gloriosa Vergine e Martire S.Cathjerina e, l'altra sotto il patrocinio del Precursore di Christo Giobattista. Et entrambe sono adesso Confraternite o Compagnie".
Dalla facciata austera, che alcuni studiosi ritengono un tempo potesse essere decorata da affreschi, è caratterizzata dalla presenza di un portale ogivale archivolto, in pietra arenaria intagliata, sormontato da un'icona sorretta da due Telamoni e raffigurante Santa Caterina d'Alessandria adorata dagli angeli.
La chiesa al suo interno è costituita da una grande sala rettangolare sormontata da un tetto a capriate lignee e dal pavimento in cotto, entrambi di recente realizzazione, come del resto gli ultimi lavori di restauro alle strutture murarie ed agli affreschi che hanno reso la chiesa nuovamente fruibile.
Contiene gli affreschi dei fratelli Graffeo, raffiguranti scene della vita di S. Caterina con didascalie in siciliano antico.

Particolare degli affreschi
Di grande pregio all'interno è la decorazione, attribuita ai fratelli Nicolò e Giacomo Graffeo e corre lungo le pareti est ed ovest, raffigura episodi della vita di Santa Caterina. La narrazione è disposta su due ordini sovrapposti separati da un fregio con didascalie in lingua siciliana. I pannelli ornavano tutte e quattro le pareti ed erano disposti in due fasce, una superiore e l'altra inferiore. La sequenza è stata interrotta due volte su ambedue i lati minori: sulla parte interna alla parete d'ingresso, nel 1546, per far posto ad una grande crocifissione del frate domenicano Nicolò Spalletta da Caccamo, che pare abbia dimorato a Termini Imerese dal 1543 al 1546; e sulla parete di fondo, quando nel 1789 fu costruito il nuovo altare e in una nicchia ricavata nella parete fu posta la nuova statua della Santa Titolare. Inoltre la parete fu ornata di stucchi, al di sotto dei quali sono visibili le tracce di affreschi. Nel 1856 l'apertura di una finestra sopra il portale d'ingresso ha danneggiato ulteriormente entrambi i fronti della facciata principale, interrompendo all'interno la continuità dell'affresco, eliminando la parte centrale della crocifissione. Il ciclo degli affreschi ha subito nel tempo notevoli danni a causa dell'uso improprio che in taluni periodi è stato fatto dell'edificio (nel 1860 divenne caserma della guardia nazionale mobile a cavallo, istituitasi per la sicurezza del distretto e durante la guerra del 1915-1918, fu adibita ora a caserma ora a granaio), dall'umidità ascendente e dalle infiltrazioni dal tetto dell'acqua piovana. I lavori di restauro avviati nel 1981, finalizzati sia al consolidamento delle strutture murarie che al recupero degli affreschi sono stati portati a termine nel 2004.

Il valore intrinseco degli affreschi
L'importanza degli affreschi non è data dall'altezza dell'arte in essi espressa, in quanto si tratta di una vena popolaresca, ma dal significato di documento che assumono riportando non solo la lingua parlata dell'epoca dal popolo, ma anche la vita di ogni giorno di quel periodo di Termini, e come in Termini, in ogni medio centro della Sicilia. In questo senso il livello qualitativo passa in secondo ordine. Gli affreschi in questione testimoniano come l'anima popolare rimanga, anche dopo molti secoli di storia e di civiltà, pressoché identica, con gli stessi problemi, gli stessi sentimenti, gli stessi gusti; si tratta di uno strato elementare radicato nel profondo dell'animo. Esaminiamo alcune caratteristiche essenziali dei pannelli: Il gusto dell'aneddotico espresso nella sequenza "narrativa" delle figure tale da far paragonare tutto il ciclo di affreschi ad un enorme cartellone di cantastorie: una specie di fumetto della Termini rinascimentale.
Ogni riquadro è sottolineato da una didascalia in lingua popolaresca dell'epoca e che è quasi identica al dialetto ancora oggi parlato dal popolo. Le figure dipinte conservano d'altronde il segno calligrafico di chiarissima discendenza islamica, che incontriamo quasi identica nel soffitto di palazzo Chiaromonte di Palermo, così come nei pannelli dei carretti siciliani che gli artigiani locali dipingono ancora sugli stessi moduli e le stesse cadenze. Una cultura, quindi, popolaresca che troviamo in ogni elemento della decorazione. Ma la cosa più importante è che i sentimenti dei personaggi sono anch'essi espressi in modo popolaresco, cioè con il gesto. Questa caratteristica è stata chiamata linguaggio delle mani e sottolinea ogni azione ed ogni dialogo. Oggi come allora il popolo si esprime, si addolora, si adira, gioisce. I personaggi rappresentati in questi affreschi sono dei popolani e come tali si comportano.



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