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::Castello La Cuba a Palermo » Storia

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"Nel nome di Dio clemente e misericordioso. Bada qui, fermati e mira! Vedrai l'egregia stanza dell'egregio tra i re di tutta la terra Guglielmo II re cristiano. Non v'ha castello che sia degno di lui ne bastano le sue sale. Sia lode perenne a Dio. Lo mantenga ricolmo e gli dia benefici per tutta la vita".


Palazzo della Cuba

Palazzo della Cuba

Corso Calatafimi, 100



La Cuba Sottana, Castello della Cuba, o più semplicemente Cuba, è un palazzo che faceva parte del parco Reale detto Ghenoard, Jannat al-ard ("il Giardino - o Paradiso - in terra"), un padiglione di delizie, in cui il Re soggiornava nelle ore diurne, assisteva a feste e cerimonie, si riposava durante le giornate estive più afose. Il Genoardo comprendeva anche la Cuba Soprana e la Cubula, e faceva parte dei Sollazzi Regi, un circuito di splendidi palazzi della corte normanna situati intorno a Palermo.
Il Castello della Cuba si trova a Palermo all'interno dell'omonimo quartiere. Si chiama "sottana" per distinguerla dalla Cuba Soprana, oggi inglobata nella settecentesca Villa Napoli.
Realizzata nel 1180 per volontà di Guglielmo II, è l'ultimo monumento creato dai normanni a Palermo, il cui progetto e il cui decoro, però, risentono fortemente degli elementi artistici e culturali arabo-musulmani.
La dinastia degli Altavilla, aveva, infatti, definitivamente conquistato la Sicilia nel 1070 con la presa di Palermo da parte di Roberto il Guiscardo. La Sicilia era fin dal 948 un Emirato Fatimita.
Gli Emiri, portatori di una cultura evolutissima resero la loro capitale Palermo, una delle piu belle città del mediterraneo, arrichendola di palazzi, giardini e moschee. Resero folridi i commerci, crearono un'apparato statale molto efficente, e si circondarono di poeti, architetti, filosofi, e matematici. I re normanni, provenendo da una regione sino ad allora culturalmente ai margini dell'Europa, ebbero l'apertura e l'intelligenza di assorbire, quanto più possibile da cristiani, i costumi ed il sapere della civiltà araba di Sicilia, depositaria del sapere delle civiltà del mediterraneo orientale, inclusa quella greca. Nasce allora uno splendido stile architettonico, l'Arabo-Normanno, che coniuga elementi del gotico nord'europeo, con elementi bizantini, e la tradizione costruttiva ed ornamentale di una civiltà, quella araba, insuperata per le costruzioni nei paesi caldi.
Le notizie sul committente e sulla data sono esatte grazie all'epigrafe posta sul muretto d'attico dell'edificio. La parte più importante, quella sul committente, era dispersa e fu ritrovata nel XIX secolo, scavando ai piedi della Cuba, da Michele Amari (massimo studioso della Sicilia Araba e Normanna) che riuscì a decifrarla. La parte dell'epigrafe ritrovata dall'Amari, esposta in una sala a lato, dice cosi:
"Nel nome di Dio clemente e misericordioso. Bada qui, fermati e mira! Vedrai l'egregia stanza dell'egregio tra i re di tutta la terra Guglielmo II re cristiano. Non v'ha castello che sia degno di lui ne bastano le sue sale? Sia lode perenne a Dio. Lo mantenga ricolmo e gli dia benefici per tutta la vita".
...". Con la data: "È DI NOSTRO SIGNORE IL MESSIA MILLE E CENTO, AGGIUNTIVI OTTANTA, CHE SON CORSI TANTO LIETI".
Il fatto straordinario per oggi di questa epigrafe, che dimostra la tolleranza e l'apertura della corte normanna, è la lingua: Arabo Fatimita in caratteri cufici. Dunque pur riferendosi ad un Re cristiano, fondatore del Duomo di Monreale e vassallo del Pontefice, l'iscrizione è in arabo. È noto che molti componenti delle varie corti normanne in Sicilia fossero arabi, celeberrimo è il caso di Edrisi, massimo geografo del suo tempo, arabo alla corte cristiana di Ruggero II re di Sicilia.
Un'antica stampa riproduce il palazzo com'era in origine.
La Cuba Sottana, era circondata da un vasto laghetto artificiale profondo quasi due metri e mezzo e chiamato «peschiera. L'apertura più grande, sul fronte settentrionale, si affacciava sull'acqua ad un'altezza oggi inspiegabile.
Circondato da un immenso parco con numerose cappellette a volta, aperte da ogni lato. Una di queste, nell'attuale villa Napoli, è rimasta miracolosamente intatta attraverso i secoli, con la sua bella cupoletta rossa di classico stile arabo, e viene chiamata piccola Cuba o Cubola.
Un'antichissima leggenda (arretrandone l'origine nel tempo) narra che Cuba e Zisa furono figlie di un rè saraceno il quale avrebbe edificato per loro questi due castelli, che dovevano essere degni della meravigliosa bellezza delle due fanciulle...
Il suo nome arabo significa arco o volta ed il castello che, simile a quello della Zisa, ha forma rettangolare alleggerita da quadrate «torricelle» sporgenti, è veramente il trionfo degli archi acuti ad ordini sovrapposti, che ne costituiscono il motivo architettonico dominante.
Dopo i normanni il castello ospitò gli svevi e poi gli aragonesi mentre nei successivi, molti passaggi di proprietà figurano le famiglie Giandaidone, Del Campo, Battaglia, Gambacorta e Monroj dei principi di Pandolfina.

Nei secoli successivi, la Cuba fu destinata agli usi più vari. Dopo aver mantenuto la prerogativa di «regio», fino al XVI secolo, improvvissamente il suo destino mutò. Il lago fu prosciugato e sulle rive furono costruiti dei padiglioni, usati come lazzaretto dalla peste del 1576 al 1621.
Questo stupendo luogo da fiaba, che al tempo dei rè e delle loro corti fu testimone di tanta armonia di vita, divenne quindi asilo di oscuri infelici, quasi ad ammonire la vanità degli splendori terreni con la pietà delle terrene sofferenze.
E le dolci acque che avevano riflessa l'immagine delle donne più belle diedero poi ristoro alle più orrende, così ridotte dall'inesorabile male.
L'edificio subì una serie di danneggiamenti nel corso dei secoli, soprattutto quando fu trasformato in lazzaretto e poi in Nel XX secolo l'edificio è stato completamente restaurato.
Poi fu caserma per opera dei borboni, proprietà dello Stato dal 1921.
Isolato infine da un quartiere militare che ancora lo circonda, il castello rimase abbandonato .Non più bagnato dalle acque di un tempo e privato del bellissimo parco, vuotato, chiuso e freddo. Solo negli anni '80 vide iniziare il suo restauro che riportòalla luce le strutture del XII secolo.
Legata al castello è, del Boccaccio, la sesta novella della quinta giornata del Decamerone che colloca la vicenda in quella stanza. È la vicenda d'amore tra Gian di Procida (nipote dell'omonimo grande eroe del Vespero Siciliano) e Restituta, una ragazza bellissima di Ischia rapita da "giovani ciciliani" per offrirla in dono al re di Sicilia, Federico II d'Aragona.
Quando Giovanni Boccaccio scrisse il Decameron, era già cominciato il declino dei parchi reali che erano l'orgoglio della città ormai in mani angioine. Era finita l'epoca di Palermo "felicissima" che secondo Edrisi era allora «la più grande e la più bella metropoli del mondo» con la sua vasta verdeggiante pianura e con i suoi luoghi di delizie (mustanaza ). Ma la traccia che aveva lasciato quel periodo di splendore era cosi luminosa da impressionare Boccaccio ancora diversi secoli dopo.
La Cuba è in Corso Calatafimi 100. E' visitabile dal lunedì al sabato, dalle 9 alle 19. La domenica e i festivi, dalle 9 alle 13. L'ingresso è di 2 euro, il biglietto è gratuito per i minorenni e gli over 60, per i ragazzi dai 18 ai 25 anni costa 1 euro. Per informazioni: tel. 091-590299.

DESCRIZIONE
Il Castello ha una struttura semplice, a pianta rettangolare, (lungo 31,15 metri e largo 16,80) con un solo piano diviso in tre ambienti comunicanti fra loro e non era adibito ad abitazione. Ogniuno dei quattro lati dell'edificio presenta un corpo sporgente a forma di torre.. Il corpo più sporgente costituiva l'unico accesso al palazzo dalla terraferma. I muri sono decorati esternamente con arcate ogivali e nella parte inferiore presentano alcune finestre separate da pilastrini in muratura.. Tutto intorno al perimetro esterno era presente una fascia che portava iscrizioni in arabo.
Il Castello era circondato da un lago artificiale oggi scomparso.
I muri spessi e le poche finestre erano dovuti ad esigenze climatiche, offrendo maggiore resistenza al calore del sole. Inoltre, la maggior superficie di finestre aperte era sul lato nord-orientale, perché meglio disposta a ricevere i venti freschi provenienti dal mare, temperati ed anche umidificati dalle acque del bacino circostante.
Al centro dell'ambiente interno si vedono i resti di una splentida fontana in marmo, tipico elemento delle costruzioni arabe necessario per rinfrescare l'aria. La sala centrale era abbellita da muqarnas, soluzione architettonica ed ornamentale simile ad una mezza cupola.



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