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::Chiesa di S. Orsola a Termini Imerese » Storia

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Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?

(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



Chiesa di S. Orsola

Chiesa di S. Orsola

Via Sant Orsola



Sant'Orsola fu una vergine martirizzata dai romani, le cui spoglie, richieste dalla nostra città, furono traslate dal cimitero di S. Saturnino in Roma e, imbarcate su un vascello termitano, giunsero, dopo una breve sosta nella città di Palermo, a Termini Imerese il 20 Marzo 1660, accolte da grande folla. La chiesa di S. Orsola di Termini Imerese è collocata su un acclive pendio roccioso, nel quartiere anticamente denominato "delli balati" dall'arabo balat (pietra levigata, lastra).
La chiesa esisteva già nella seconda metà del XV sec. La data di fondazione non è sin'ora documentata.
La più antica testimonianza è data da un atto notarile del 1498, nel quale il luogo di culto è citato tra quelli esistenti nella cittadina e negli immediati dintorni.
Tale rogito, redatto dal notaio di Termini Imerese, Antonio de Michele, pur non essendo oggi più reperibile, è citato dal sac. Giuseppe Arrigo nel suo saggio: "Della chiesa, della Comunia e della Collegiata di Termini Imerese" pubblicato nel 1911 a Palermo sulla rivista Sicilia Sacra, diretta dal sac. Luigi Boglino.
La struttura Quattrocentesca è obliterata dalle successive modificazioni e superfetazioni avvenute nei secoli successivi. La costruzione della attuale monumentale chiesa, si deve comunque al notevole contributo della Compagnia della Morte, meglio conosciuta come Compagnia dei Neri, associazione umanitaria istituita il 6 febbraio del 1569.
L'attuale chiesa venne dunque costruita sui resti di un'altra di impianto più antico, e dimensioni minori, che venne utilizzata come cimitero e che oggi è l'unico esempio di catacombe ancora visibili e visitabili della nostra città.
Tra i tanti corpi mummificati, il personaggio più noto è " SANTU BADDARU " al secolo Paolo Impallaria, caritatevole Sacerdote della Compagnia dei Neri. Anche questo sacro edificio ingloba resti del periodo romano,utilizzando un'antica torre civica di difesa, detta dei Saccàri, la quale reca anche tracce del periodo Arabo.
La struttura chiesastica ha, pertanto, la peculiarità di essere un edificio costituito da due chiese sovrapposte:
La chiesetta inferiore edificata sulla roccia lapidea dolomitica è documentata sin dal XV sec. di dimensioni più modeste si presenta ad aula e vi si accedeva anticamente dal quartiere Rocchecelle.
L'altra, quella superiore, innalzata agli inizi del XVI sec. ampliata nel Seicento e affrescata nel Settecento, si presenta a pianta rettangolare coperta da una volta a botte e con cappelle laterali intercomunicanti, tre per ogni navatella.
La chiesa superiore è collegata con l'inferiore per mezzo di una scala che vi si accede attraverso un portello. E' da rilevare che in prossimità del basamento della torre de Saccari vi era un passaggio che immetteva per mezzo di una scala ormai crollata, alla catacomba, permettendo l'accesso alla chiesa inferiore anche dalla seconda entrata, sita al Largo Impallaria.
L'edificio sacro con gli arredi artistici al suo interno, rappresenta indubbiamente una delle innumerevoli e preziose testimonianze del tardo Barocco siciliano. Racchiude nel suo interno preziose testimonianze d'arte: stucchi, dorature, affreschi, dipinti policromi, reliquiari, iscrizioni funerarie e acquasantiere.
Gli affreschi del coro e della navata centrale unitamente alle tele che arricchiscono l'edificio sacro, sono le raffigurazioni di maggiore pregio.
Di impianto ad aula, dalla straordinaria volta affrescata è un notevole esempio di decorazione settecentesca dovuta al pennello di Don Alessio Geraci della Compagnia di Gesù. Ricca di notevoli e pregiate opere d'arte, è forse quella in migliori condizioni statiche, pur essendo chiusa al culto.
I valenti artisti che resero alla chiesa di Sant'Orsola la loro opera espressiva furono: il palermitano Rosario Vesco (Palermo 1714 c., Termini Imerese 1767) noto per aver affrescato la volta e parte dell'abside con scene pittoriche. Il già citato Don Alessio Geraci, pittore e decoratore, allievo di Vito D'Anna da cui imparò i segreti dell'affresco. Il Geraci, secondo Contino e Mantia, fu contemporaneo e rivale del pittore termitano Francesco Ugdulena e realizzò un dipinto raffigurante "S. Ferdinando di Castiglia" per l'omonima chiesa, una volta esistente nel Regio Castello di Termini.
L'artista Tommaso Pollaci (1748-1831 c.) cui si attribuisce il dipinto "Madonna del Rosario e Santi" datato 1782 e infine Mattia Preti (Taverna 1613 - La Valletta 1699) il più grande pittore meridionale della seconda metà del Seicento detto il "Cavalier Calabrese" alla cui paternità viene riferita la tela del "San Benedetto che esorcizza un confratello"; attribuzione recentemente ribadita da Antonio Cuccia nel suo documentato studio (La pittura del Seicento a Termini Imerese e nel suo territorio, "Bollettino d'Arte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali", n. 143, gennaio-marzo 2008).
Questo studioso ha, infatti, rilevato stringenti analogie tra la tela in Sant'Orsola e la produzione autografa di quest'artista. Il dipinto a causa di maldestri interventi di pulitura si presenta a tutt'oggi, orfano del suo primitivo splendore. Parimenti anche la chiesa di Sant'Orsola meriterebbe una particolare attenzione per le sue intrinseche bellezze che fa di essa un vero e proprio unicum.

Curiosità:
Nella definizione dell' assetto del complesso religioso ha avuto un ruolo determinante l' istituzione, al suo interno, della Compagnia dei Neri (nobili caritatevoli che avevano il compito di seppellire i poveri e per non farsi riconoscere usavano i cappucci neri) che, nel 1674, destinò la chiesa inferiore a catacomba della stessa Compagnia: ancora oggi vi si trovano i resti di vari personaggi del passato. Tra questi il già menzionato sacerdote e dottore Vincenzo Impallaria che morì in fama di santità l'8 febbraio 1699. Una leggenda termitana tramandata che dopo la sua morte, durante la notte, egli si aggirasse ancora per il quartiere di S. Orsola a confortare gli afflitti, consumando di conseguenza le suole delle scarpe.
I devoti così erano soliti portare ogni 8 febbraio presso la sua tomba un paio di scarpe nuove, che andavano a sostituire quelle consumate.




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